
Poco più di un mese fa, per l’esattezza il 10 aprile scorso, Apple e Google sono scese in campo per contrastare la pandemia. L’iniziativa congiunta non mirava allo sviluppo di un’app ma, al contrario, attraverso i loro CEO le due aziende avevano annunciato lo sviluppo ed il successivo rilascio di un API che consentisse l’interoperabilità tra il sistema iOS e Android, affinché ciascun Governo o Servizio Sanitario Nazionale, attraverso un’applicazione appositamente selezionata, purché basata su di un sistema decentralizzato senza repository o strumenti di dati custoditi da un sistema statale, potesse sfruttare il sistema di contact-tracing tra i dispositivi al fine di monitorare i contagi.
I loro aggiornamenti del sistema operativo permetteranno alla tecnologia di monitoraggio via bluetooth di funzionare in modo più efficiente.
Mercoledì scorso vi è stato finalmente il rilascio dell’interfaccia di programmazione, resa disponibile sugli smartphone di centinaia di milioni di utenti nel mondo attraverso l’aggiornamento alla versione 13.5 di iOS per iPhone e con l’aggiornamento dei Google Mobile Services, direttamente dal Play Store sui dispositivi Android. Per quel che riguarda il nostro Bel Paese, il Commissario straordinario all’emergenza Arcuri ha dichiarato che l’app scelta, dopo numerose polemiche non del tutto sopite, arriverà sul mercato entro fine mese.
Se il cammino in Italia è stato poco chiaro, in altri Paesi è stato assai travagliato, come nel caso del Regno Unito, costretto a fare dietrofront rispetto all’idea iniziale di ricorre ad un sistema centralizzato, consci che non avrebbe potuto funzionare sui dispositivi in questione.
A prescindere dal dibattito in tema di privacy il timore, piuttosto concreto, è che tantissime persone non installeranno l’applicazione consigliata dai propri Governi. E se per taluni questa può rivelarsi una scelta, al pari di chi preferirà installare l’applicazione su un dispositivo lasciato appositamente a casa, al fine di evitare di poter finire forzatamente in quarantena, per molti altri sarà dettato da problemi oggettivi.
Il problema presenta più sfaccettature: innanzitutto sono tuttora utilizzati un gran numero di telefoni più datati, specialmente nelle zone più rurali e o povere del Globo o, anche nei paesi più sviluppati, da alcune categorie particolarmente a rischio come gli homeless o soggetti più anziani. Tali apparati, circa 500 milioni tuttora in funzione, non posseggono il chip bluetooth adatto per permettere al sistema di funzionare senza esaurire precocemente la batteria.
In parte le stesse categorie di persone possono rientrare nel secondo problema, ossia possedere smartphone senza un sistema operativo Apple o Google aggiornato, o perché le Tech Companies hanno scelto di non distribuire più aggiornamenti per i modelli in questione o poiché magari la persona, per esigenze di spazio sul dispositivo, non lo aggiorna da tempo.
Il terzo punto di vista, forse il più grave, riguarda i soggetti che non potranno beneficiare di questo per scelte geopolitiche a loro estranee e forse anche sconosciute. Mi riferisco ad esempio ad una vasta gamma di telefoni cinesi che non potrà ottenere la tecnologia poiché Google è bannata in Cina per via della guerra dei dazi. Dal momento che Android predomina nel mercato cinese con una quota di mercato compresa tra il 75% e l’80%, su oltre 700 milioni di utenti di smartphone il problema riguarderà 500 milioni di utenti. Sempre per la guerra USA-RPC, i dispositivi di Huawei, Xiaomi e degli altri produttori cinesi rilasciati dopo essere finiti sulla lista nera degli Stati Uniti, non avendo il sistema Android a bordo non beneficeranno della tecnologia. E non si tratta di dispositivi venduti solo in Cina bensì in tutto il mondo.
Tra i 500 milioni di telefoni obsoleti, i 500 milioni di telefoni cinesi e gli 1,5 miliardi di telefoni che non adoperano il sistema operativo iOS o Android o non dispongono della tecnologia necessaria per far funzionare un tale sistema, si stima che 2,5 miliardi di utenti in tutto il mondo non avranno accesso a questa nuova soluzione di tracciamento dei contatti.
Il problema è chiaro: la tecnologia in fase di rilascio rappresenta per molti dei membri della società meno abbienti o più anziani e vulnerabili, ossia le persone che hanno maggior bisogno di protezione, una chimera.