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Silvia Romano, un successo soffocato da haters ed esibizionisti

Giornalisti e politici dovrebbero saperlo: gli ostaggi non si liberano dopo averli individuati su internet e riscattandoli con la carta di credito

Piaccia o non piaccia, i nostri Servizi Segreti hanno compiuto un’operazione politica e diplomatica di altissimo livello e non certo commerciale, come vorrebbero alcuni politici e giornalisti: basterebbe pensare a quante e quali forze internazionali sono schierate nello scacchiere in cui si sono svolti il rapimento, la negoziazione e la liberazione per rendersi conto del numero e della portata degli interessi in gioco. Se l’utente del web e qualche lettore di giornali può pensare e credere che gli ostaggi si liberino semplicemente andando alla cassa dopo averli individuati su internet e pagandoli con la carta di credito, questo non dovrebbe farlo un giornalista o un politico. 

Tutti i governi del mondo “pagano”, dopo lunghe e complesse trattative, i riscatti per i loro cittadini presi in ostaggio; il pagamento avviene prevalentemente in danaro, ma con lunga trattativa segreta, attraverso sotterfugi e vie tortuose, entrano anche gli aiuti umanitari, gli interessi nazionali, i favori e gli scambi di natura politica o informativa oltreché di prigionieri, come avviene – è ora di dirlo – per i militari e le spie israeliane e americane catturate. Ma, non basta, perché per negoziare occorre agire con la copertura, l’assenso e l’aiuto di altri Stati, specie quelli confinanti, amici o nemici che siano. Un lavoro invisibile e che tale deve rimanere, affidato per questo ai Servizi che lo debbono svolgere anche con l’aiuto di altri Servizi, amici o nemici che siano, soprattutto se in quell’area esercitano un forte potere. 

Le trattative a volte non riguardano solo ostaggi ancora in vita, ma anche i morti o durante la detenzione o in azione, addirittura in un caso 37 anni prima, come per il corpo del soldato israeliano Zachary Baumel, caduto nel 1982 in Libano e restituito, dopo anni di negoziati nel 2019. Una forza e una memoria sicuramente più forte nelle nazioni più esposte a guerre classiche o striscianti, dove il difendere i propri connazionali ha un grande valore politico per governi e cittadini. 

La “trappola cognitiva” in cui cadono e/o usano, volenti o nolenti, i nostri giornalisti e comunicatori per scandalizzarsi è molto semplice: “gli altri non lo dicono ma lo fanno”, anche attraverso l’intervento occulto e parallelo di apposite società finanziarie o di grande importanza strategica. I nostri governi, tutti, lo hanno sempre detto e fatto istituzionalmente attraverso “fondi riservati” che sono destinati appositamente alle attività di intelligence, evitando così di esporre il Paese e i governi, anche successivi d’altro segno, a futuri ricatti. Sinora, le trattative sono andate sempre a buon fine a merito non solo dei soldi ma dei negoziatori. 

Evidentemente questo non riesce a fare notizia, meglio allora polarizzare l’attenzione sulla vittima del sequestro e sull’ ammontante del riscatto pagato. Il risultato è “incoraggiante”: il 42% degli intervistati ritiene sbagliato che lo Stato paghi un riscatto; il 36% è a favore, mentre una percentuale piuttosto elevata, il 22%, non si sbilancia su un argomento così delicato. Interessante osservare come la produzione di questi commenti nei vari casi di sequestro e pagamento produca una vera scala valoriale basata sui “motivi” della presenza della vittima all’estero: il primo posto della negatività spetta ai cooperanti e quasi a pari merito ai giornalisti, additati nel migliore dei casi come “incoscienti avventurieri”; seguono i turisti che inspiegabilmente vengono assolti, sfumati e presto rimossi; ultimi i religiosi, generalmente compresi e “perdonati”. Viene da dire meno male che ogni cittadino italiano rapito all’estero ha lo stesso valore per lo Stato, che non usa la scala dei motivi e delle circostanze in cui si è verificato l’evento, per non applicare una pena di morte indiretta. Pena che l’Italia ha abolito per i criminali civili dal 1947 e nel 1998 per quelli militari.

Tra l’altro le leggi invocate per l’illiceità del pagamento del riscatto, sono citate, se in buona fede, solo per assonanza da ignoranti, perché quelle in vigore prevedono il “blocco dei beni” di parenti, etc, ma non fanno nessun riferimento ad altri soggetti, quali in particolare lo Stato. Pertanto è inapplicabile a questo caso, come pure ad altri simili. Tra l’altro e inoltre le leggi invocate danno facoltà al Magistrato di autorizzare lo sblocco dei beni nel caso che lo ritenga necessario per acquisire nuove prove o per individuare e catturare i responsabili del sequestro. Quindi di che legge stiamo parlando, se non di una che non c’è?

Probabilmente è il nostro essere tra i più giovane Stati, abbiamo appena 159 anni, che ci induce a trattare con grande leggerezza e disinvoltura argomenti delicati come quelli relativi all’intelligence e al mondo dei Servizi Segreti. Materie di cui tutti in Italia si sentono liberi di parlare perché si considerano esperti, abituati come sono a scrutare i profili degli altri su Facebook, con il risultato che sui social, in sede politica, nonché di comunicazione giornalistica, vengono espresse opinioni che, prescindendo dalla realtà e dalla conoscenza, si basano soltanto sulla percezione dei singoli, non suffragata da adeguata preparazione e spesso afflitta da pregiudizi e speranze di vario genere.

Inutile dire che, al contrario, nel resto del mondo occidentale si tende a non trattare pubblicamente tali argomenti e la politica, il giornalismo e l’opinione pubblica accettino che l’attività dei Servizi sia e debba essere avvolta dalla necessaria riservatezza, perché ritiene prioritario l’interesse nazionale.

Purtroppo, ancora una volta e nonostante la quarantena per difendersi da un virus che sino ad ora ha provocato ben 32.000 morti e 226.000 contagiati, una parte della classe politica e del giornalismo, lasciando perdere il web, hanno voluto confermare che siamo ancora una nazione dove la liceità dell’azione di governo in casi delicati viene ciecamente avallata dalla maggioranza, ed altrettanto ciecamente contestata dall’opposizione, per cui il comportamento adottato da una compagine governativa in un determinato momento storico diventa illecito, criticabile, iniquo agli occhi delle stesse forze politiche che tale compagine rappresentavano, ma che nel frattempo sono passate all’opposizione.

Sicuramente i contatti e le trattative per liberare la Romano, essendo lei stata rapita il 20 novembre del 2018, erano anche a conoscenza, non solo del Presidente del Consiglio di allora, che è sempre lo stesso e che ha sempre mantenuto la delega ai Servizi, ma anche dei ministri membri del CISR Comitato Interministeriale per la Sicurezza della Repubblica (tra cui il Ministro dell’ Interno) e dei membri del COPASIR, tra cui non mancano certo i riconfermati al loro secondo incarico. Quindi quale sorpresa dell’opposizione e perché indignarsi?

Uguale sconcerto si prova di fronte a certi governanti che non comprendono come a volte seguire le leggi dell’ infotainment, suggerite dai loro spindoctor che non hanno mai avuto esperienze istituzionali, possano compromettere l’immagine del Paese che, invece, grazie al prestigio dei suoi Servizi Segreti e dal risultato concreto raggiunto, gode di alta considerazione in campo internazionale, proprio in virtù delle loro comprovate capacità di acquisizione informativa, di penetrazione in ambienti ostili, di potenzialità operative sul campo anche in teatri particolarmente impegnativi.

Tale mancanza di equilibrio politico nel trattare questioni attinenti all’interesse nazionale non inficia gravemente soltanto  l’immagine del nostro Paese nei contesti internazionali, ma sottopone gli stessi operatori della sicurezza (agenti dei Servizi ed elementi della Polizia Giudiziaria) ad una continua altalena emotiva, che finisce per incidere sull’operatività degli stessi. Anche questo dovrebbe essere chiaro a politici e giornalisti. Interessante al riguardo la lettera indirizzata da “Agente segreto” al direttore, pubblicata con a fianco la sua risposta, a La Verità https://www.linkedin.com/posts/roberto-di-nunzio-a1259449_silviaromano-romano-rapimento-activity-6667801884608208896–NiT  

Purtroppo i Servizi pagano anche il fatto di non essere padroni della loro comunicazione verso l’esterno (a differenza, ad esempio,  delle Forze dell’Ordine), a causa della riservatezza loro imposta dalla peculiare attività svolta, e devono pertanto confidare negli strumenti comunicativi della Presidenza del Consiglio; che, per quanto raffinati, possono non cogliere alcuni risvolti propri dell’attività di intelligence. Fatto rilevante, perché comporta un disallineamento tra i paradigmi comunicativi delle organizzazioni terroristiche (simili a quelli dei Servizi) e lo stile di un organismo quale la Presidenza del Consiglio, molto più vicino al linguaggio diplomatico che non a quello, ricco di sottintesi e messaggi larvatamente minatori, in uso nei campi di battaglia virtuali.

Come in tutte le liberazioni, soprattutto quelle dai terroristi, i fattori in gioco sono molteplici e tutti ben analizzati: è impossibile che esperti maestri dell’inganno e della comunicazione non abbiano curato ogni particolare prima di rilasciare la vittima; ugualmente è impossibile pensare che non l’abbiano condizionata e sottoposta a ricatto non solo contingente. Della Romano ormai conoscono tutto: indirizzi, parenti, interessi, affetti, debolezze, amici italiani e stranieri etc. 

Probabilmente, proprio per questo i Servizi l’hanno accontentata e fatta scendere dall’aereo con vesti arabe e non da terrorista; sarebbe stato loro facile anche se doloroso imporle un cambio di abiti: Proprio per questo il Presidente del Consiglio, assente all’ultimo funerale di Stato, e il Ministro degli Esteri, sicuramente avvertiti per tempo dato che la decisone fu presa in ambasciata, avrebbero dovuto festeggiarla, se proprio lo volevano, a porte chiuse nella saletta riservata del 31° Stormo dell’Aeronautica Militare, da sempre attrezzata all’aeroporto di Ciampino. Una cerimonia più istituzionale e meno da Carramba! che sorpresa.

Avrebbe dovuto essere facile per politici e giornalisti immaginare che le proprie esternazioni, accompagnate da foto e filmati, avrebbero fatto il giro del mondo, suscitando non solo “nei paesi civilizzati a ragione disprezzo e sarcasmo”, ma che sarebbero state “abilmente sfruttate dalla propaganda Jihadista”. A scriverlo è stato un generale, docente di Geopolitica, non certo riconducibile al Buonismo nazionale.

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