
Tecnologia avanzatissima, grossi rischi, sia tecnico-produttivi che di mercato, ma allo stesso tempo un altissimo potenziale di crescita e fatturato (idealmente, di diventare in pochi anni un “unicorno”, un’azienda con valutata 1mld €): questi sono i tre criteri distintivi che un rivoluzionario fondo di venture capital pubblico – appena lanciato dalla Commissione Europea – cerca nelle iniziative imprenditoriali che può finanziare con un mix di risorse a fondo perduto (fino a 2,5M€) e di investimento azionario (fino a 15M€).
Un massimo di diciassette milioni e mezzo per ogni singola azienda, di questi tempi non sono per niente male. Si tratta dello European Innovation Council (EIC) Accelerator. Nessuna delimitazione settoriale, tutte le proposte ‘bottom up’ vengono valutate (salvo diversa specifica, come per la scadenza di maggio, vedi sotto), con un processo aperto quattro volte all’anno. È un’attività in fase di avvio, un pilota, ma di cui si parlerà molto in futuro e quindi è bene, per imprenditori visionari, informarsi e prepararsi da subito.
Si tratta di un vero e proprio fondo pubblico che investe con la stessa logica dei privati, ma ama molto il rischio, quindi offre risorse a qualsiasi tipo di azienda fortemente innovativa descritta sopra. Un fondo gestito non più tramite altri intermediari finanziari e creditizi, ma che investe direttamente in start up ed aziende dal potenziale dirompente. Una cosa mai successa prima, Schumpeter sarebbe contento, abbiamo un operatore pubblico che è pronto a finanziare la ‘distruzione creativa’.
Come si è arrivati a ciò? Beh, è noto a tutti gli addetti ai lavori ed anche al cugino geniaccio ingegnere, che in Europa esistono eccellenti competenze scientifiche e tecnologiche ma troppo poco capitale di rischio per innovazioni con alta probabilità di insuccesso. Spesso perché i potenziali investitori conoscono poco i settori e le tecnologie che sono chiamati a valutare oppure perché semplicemente aggiungono un ‘premio al rischio’ eccessivo, sopravvalutando le possibilità di fallimento e sottostimando il loro potenziale.
Lo EIC Accelerator è quindi un fondo che investe laddove i finanziatori privati europei spesso non si avventurano, dove il rischio tecnologico e di mercato è troppo alto, ma dove c’è un potenziale dirompente. L’obbiettivo è far sì che la ricerca europea, quando ha un potenziale per trasformarsi in attività industriale, non debba ricorrere a capitali extra-UE, che inevitabilmente portano a perdere molto di quel potenziale di sviluppo (e.g. per delocalizzazione delle attività). Si vuole evitare che i cervelli, allevati e finanziati in Europa, diventino imprenditori altrove (secondo quel triste meccanismo ben noto a noi Italiani). I fondi sono quindi destinati a chiudere il gap che esiste nel perfezionamento della fase di R&S e la vera commercializzazione, la cosiddetta ‘valle della morte’. Di qui il mix tra risorse a fondo perduto ed investimento azionario. L’iniziativa ha attirato commenti entusiasti anche nella financial community d’oltre oceano, che raramente si interessa a quello che fa la UE in questo campo. C’è qualcosa che li solletica infatti, una volta che EIC Accelerator ha finanziato una start-up o una PMI, gli investitori privati sono benvenuti ad unirsi nei round successivi.
La Commissione ha dovuto gettarsi nella mischia perché anche gli investitori pubblici (la BEI, ad esempio, ed il suo braccio EIF) hanno mostrato un approccio troppo timido e prudente ed una predilezione per i grandi accordi di finanziamento. L’EIC Accelerator invece finanzia anche solo qualche centinaia di migliaia di euro ed è pronta a fare round successivi, se esiste il potenziale di rapida crescita.
Il processo di selezione delle proposte è all’altezza delle premesse, ci dicono: si presenta una prima domanda scritta in cui si descrive l’idea, ma la decisione finale della Commissione (ovvero di un panel di esperti indipendenti esterni, sia sulla tecnologia che sul mercato di riferimento) avviene dopo un colloquio de visu con l’imprenditore, il che permette di valutare le sue capacità e motivazioni. Si riceve una risposta entro due mesi dalla scadenza di presentazione.
Qualche dato: alla scadenza di marzo sono arrivate circa 4000 proposte, più del doppio dell’importo abituale. L’aumento è in parte dovuto alla richiesta di idee per aiutare ad affrontare l’epidemia Coronavirus. Proposte di ogni tipo erano accettate, (bottom up), ma è stata incoraggiata la presentazione di proposte anti-COVID. 1.418 erano le domande ammissibili (36,5%) provenienti da 42 paesi diversi. Una volta che si viene invitati a presentare la propria idea, le chance di successo sono del 50%. Queste interviste tra esperti e imprenditori si stanno tenendo ora e termineranno il 20 maggio, i risultati saranno annunciati subito dopo.
Dove iniziare? Molto/tutto è spiegato sul sito dell’EIC, ed il passo successivo è preparare la richiesta. C’è già un prossimo round di selezione fissato, scadenza il 7 Ottobre 2020 (indicativa, verificate sempre sullo stesso sito). C’è anche una scadenza a maggio, ma è riservata a proposte rilevanti per il Green Deal, cioè a tecnologie per esso rilevanti (e.g. protezione dell’ambiente e del clima, passaggio a processi e produzioni sostenibili, riduzione emissioni inquinanti, etc.).
In Italia, un’organizzazione (l’ Agenzia per la Promozione della Ricerca Europea ) si occupa di fare promozione dello EIC Accelerator, e può essere un buon punto di partenza per trovare assistenza nella preparazione della richiesta di finanziamento, anche se, assicurano quelli che ci son passati, si può ragionevolmente fare tutto da soli.
Parlatene tra i vostri contatti, a chi sogna di portare sul mercato innovazioni fuori paradigma, o chi ha un’azienda hi tech con un piano nel cassetto per fare il salto di qualità e trasformarsi in un unicorno.….non quello dei sogni ispirati alle favole, ma uno vero, reale e magari pure quotato in borsa.