
Ci risiamo, ancora una volta ci troviamo a raccontare delle beghe tra Stati Uniti e Cina. Nulla di nuovo sotto il Sole si direbbe e, anche questa volta, la questione potrebbe assumere presto dimensioni globali. Il primo maggio il presidente Trump ha emesso un ordine esecutivo che rende fuorilegge le apparecchiature installate sulla rete elettrica nazionale, se provenienti da paesi non presenti in una white list.
Il sistema di distribuzione dell’energia elettrica rientra a pieno titolo tra le infrastrutture strategiche di un paese, anzi ne è di diritto il capofila. Con l’avvento delle Smart Grids, l’interconnessione intelligente tra produttori, consumatori e prosumers (termine mutuato dall’inglese per denotare i produttori-consumatori) ha reso la rete elettrica potenzialmente esposta a catastrofici attacchi da parte di potenze straniere.
Gli analisti della Casa Bianca e del Dipartimento dell’Energia statunitense hanno rivolto in particolare la propria attenzione ai prodotti forniti dalla Cina. Attualmente i contratti per la fornitura dei dispositivi destinati alla rete elettrica, come in moltissimi paesi nel mondo, vengono commissionati al migliore offerente senza porre particolare attenzione sugli effetti che la loro istallazione potrebbe comportare per la sicurezza nazionale.
Non si tratta solo di cavi e trasformatori, le Smart Grids portano con sé un grande numero di apparati complementari come sistemi di controllo di supervisione e acquisizione dati (SCADA), fibre ottiche, sensori di tutti i tipi, contatori intelligenti e tanti altri.
Il massiccio acquisto di prodotti dalla Cina si rende spesso necessario per mancanza di competitors internazionali e, oltretutto, la diffusa presenza nelle reti elettriche di tutti i paesi del mondo rende difficile pensare a processi rapidi per la loro eliminazione. In un rapporto del dipartimento dell’energia (DOE) si legge che già nel 2014 erano presenti in Cina oltre 30 grandi aziende in grado produrre trasformatori di 220 KV o kilovolt e oltre, un evidente segno di sovracapacità. C’è da dire che non si tratta di imprese esclusivamente cinesi, grandi players internazionali come la svizzero-svedese ABB stanno investendo grandi capitali per la costruzione di fabbriche in Cina.
La Commissione Europea, che già nel 2017 aveva prodotto un report sulla cyber security nel settore energetico, ha recentemente adottato un documento contenente delle raccomandazioni per la sicurezza nel settore energetico. Tra le altre cose si invitano gli stati membri ad adottare misure adeguate contro gli attacchi dolosi provenienti da un numero elevato di applicazioni o dispositivi di largo consumo controllati da malintenzionati.
Se non bastasse la preoccupazione che si registra oltreoceano, per non derubricare a mero esercizio di fantasia la possibilità di un attacco alla rete elettrica, possiamo citare l’attacco condotto a fine 2019 contro una centrale israeliana, prontamente sventato. Il ministro dell’Energia Yuval Steinitz lo aveva definito come attacco informatico avanzato, finalizzato a paralizzare le attività della centrale e prenderne il possesso. A tal proposito mi permetto una nota di ironia nei confronti di coloro che hanno tentato di assaltare un’infrastruttura critica israeliana, i cui servizi segreti sono universalmente riconosciuti come tra i più preparati al mondo.
Per quanto riguarda l’Italia, recentemente Terna si è aggiudicata due gare relative al miglioramento di 50mila Km di linee aeree a 150kV per un valore complessivo di circa 600milioni di euro. Tra le operazioni di cui si occuperà Terna ci saranno interventi per la digitalizzazione dell’infrastruttura e l’installazione di soluzioni innovative per la sicurezza.