
Il 13 marzo un gruppo di economisti, tra cui Riccardo Realfonzo e Emiliano Brancaccio, firmarono un appello, ripreso anche dal Financial Times, con il quale si chiedeva all’Europa di muoversi in maniera fattiva e coordinata per contrastare quella che, già due mesi fa, si percepiva come una crisi epocale. Si auspicava un coordinamento tra la Banca Centrale ed i vari Governi per preparare un grande piano di investimenti pubblici per sostenere le aree del mercato più deboli.
Il Fondo Monetario Internazionale e l’Unione Europea riportano i dati di ciò che fino ad ora è stato fatto. Si apprende così che si è già creata una spaccatura all’interno dell’area Euro su chi sta investendo in maniera massiccia per puntellare la propria economia nazionale e chi no. Tra coloro che stanno dispiegando un potente sussidio statale in aiuto alle proprie aziende troviamo Germania e Francia. La prima ha destinato (dati al 30 aprile) 156 miliardi, pari al 4,9% del suo pil, per interventi a sostegno delle imprese e famiglie. 757 sono i miliardi di copertura messi a disposizione per prestiti con garanzia statale. Inoltre i Lander hanno investito altri 48 miliardi per aiutare le aziende in difficoltà ed ulteriori 73 miliardi di garanzie per prestiti.
La Francia ha iniettato nel sistema ben 110 miliardi, pari al 5% del suo pil, in aiuti diretti. Circa 315 miliardi sono poi a copertura dei prestiti. L’Olanda ha messo a disposizione 20 miliardi pari al 2% del pil. Il Portogallo ha investito solo lo 0,5% del suo pil per aiuti diretti e la Spagna 1,6%.
L’Italia, con il pacchetto di aiuti che va sotto il nome di “Cura Italia”, ha stanziato 25 miliardi di aiuti diretti (1,4% del pil) e 400 miliardi di garanzia statale sui prestiti bancari.
Da queste cifre, come detto, si vede chiaramente la spaccatura tra i Paesi che stanno aiutando direttamente l’economia interna in maniera massiccia e quelli che invece sono ancora fermi al palo. E non si fa riferimento tanto alle garanzie statali sui prestiti delle banche quanto proprio alle somme date alle famiglie ed alle imprese ,in alcuni casi, non per noi, a fondo perduto.
La Bce è ferma a quei 750 miliardi del programma “Pandemic Emergency Purchase Program” con i quali sta acquistando fino alla fine del 2020 titoli pubblici e privati dei 27 Paesi dell’area euro. Più qualche altra cosa. Ma sempre molto poco, non solo considerando le reali necessità dell’economia europea ma anche in confronto a ciò che stanno facendo le Banche Centrali degli altri Paesi. Anche gli interventi affidati alla Commissione Europea, che sono da inserire nel suo bilancio 2021-2027, potrebbero vedere la luce nel 2021, forse troppo tardi per salvare la già delicata situazione.
In una recente intervista rilasciata a “Micromega”, il professor Realfonzo sottolinea come sarebbero necessari interventi centralizzati per “evitare nuove asimmetrie e l’esplosione del debito pubblico”. Questi interventi sarebbero dovuti avvenire attraverso la Banca Centrale Europea che è l’unica che può monetarizzare il debito. Ma per fare questo ci sarebbe voluta una volontà politica che ancora una volta è mancata in Europa.
L’appello degli economisti del 13 Marzo si concludeva con la seguente frase: “Se l’Unione esiste davvero, deve battere un colpo adesso. Altrimenti, con o senza l’Europa, dovremo fare tutto ciò che è necessario per superare la crisi”.
E il “colpo” l’Europa non lo ha ancora battuto.