
E’ pregno di condivisibili preoccupazioni il messaggio in bottiglia di Marco Dotti, docente di “Professioni dell’editoria” al Corso di Laurea Magistrale in Comunicazione Professionale dei Media dell’Università di Pavia. Giornalista professionista, si occupa di etica delle nuove professioni e del digitale, con particolare attenzione alle questioni aperte dallo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale (AI). Il suo ultimo libro è “Finis Europae. Welfare, neonazionalismo, corpi intermedi digitali” (Roma, 2017).
Carissimi amici di Infosec.news,
nel suo “messaggio nella bottiglia”, Adriano de Rosa vi scriveva dal futuro. Io, ahimé, ahinoi, vi scrivo dal passato.
Ho letto con attenzione l’analisi del Direttore Umberto Rapetto su “Bending Spoons e il pedometro gratuiti da 2 euro a settimana“. Subito mi sono tornate in mente vecchie questioni, mai risolte, che come tutte le questioni irrisolte prima o dopo presentano il proprio conto. Parlo di un problema che il Direttore conosce bene e meglio di tanti altri: l’azzardo e le sue “problematiche” tecnologiche, istituzionali, e di “appalto” (o meglio: di concessione),
Problematiche che diventano di sicurezza sistemica (e, va da sé, nazionale), soprattutto se viste dal lato delle “app gratuite” e del mondo tutt’altro che dorato dei “casual games”, I giochini che da un lato succhiano dati, dall’altro sembrano diventati il traino per catturare nuove prede attirandole con esche dolci.
Il tutto proprio mentre la mega-macchina dell’azzardo hard, quello delle bische legalizzate, che le sue prede le alletta in tante forme, app incluse, e le profila in tanti modi (succhiando dati e rivendendoli, perché del maiale il macellaio non getta proprio niente) riprende la sua corsa e ci riporta terribilmente al passato. Un passato di cui, ammettiamolo, conosciamo ben poco.
Così come del futuro conosceremo poco, se poggerà su aziende che incorporano nella loro architettura, ancor prima che nei loro algoritmi, oscurissime black box. Business is business, certo. Ma la sicurezza nazionale e la salute pubblica non possono essere ridotte così.
«Spero di sbagliarmi, ma vorrei tanto che la trasparenza della documentazione contrattuale e tecnica mi aiutasse a comprendere di aver preso una cantonata», scrive Rapetto nel suo pezzo. Credo che la chiave sia tutta lì. Credo che – tornando al passato – è proprio questa trasparenza che dovremmo chiedere alle istituzioni. Per capire, ad esempio, quali società progettino e quali fondi di investimento ne tirino le fila.
Altrimenti, possiamo già dirgli addio, al futuro.
Spero anch’io di sbagliarmi. Con stima.