
Chi ha avuto modo di vedere il video di aerei di linea parcheggiati sulle piste del mondo, apparso di recente su YouTube, pilota o meno, frequent flyer piuttosto che assistente di volo o persona che semplicemente odia volare, non può essere rimasto indifferente.
Ritengo che le immagini di una pista, luogo di norma designato alle grosse transizioni dinamiche di decolli e atterraggi – declassata ad area di parcheggio per aerei affetti da paralisi, anche se temporanea – rimarrà nell’immaginario collettivo come simbolo della staticità imposta dal covid-19, per anni a venire.
Credo inoltre che in questo particolare momento, la grande maggioranza dei lettori si starà chiedendo quando le piste torneranno ad essere piste, gli aerei a muoversi ai ritmi cui eravamo abituati e la nostra mobilità a regalarci quelle esperienze fisiche e sociali, che fanno così parte della nostra fibra, del nostro modo di essere.
Per capire come sarà strutturata la progressione del nostro ritorno alla norma, ovvero la ripresa a volare a pieno regime sia su tratte domestiche che internazionali, è forse opportuno analizzare come la Cina, paese già in ripresa dalla virulenta crisi, stia reagendo in questi giorni e con quali piani per il futuro.
In un’esclusiva intervista per Infosec.news, J.M., (anonimo per ovvi motivi) comandante di linea di base nel settore nord ovest della Cina, impiegato presso una compagnia locale da circa un anno, risponde alle nostre domande.
Che tipo di tratte sono attive al momento e con quali limitazioni?
“La mia compagnia sta operando su tratte nazionali al 25% rispetto all’attività di volo antecedente al covid-19. Le tratte domestiche sono attive al 25% circa, mentre i voli intercontinentali sono ridotti al 5%. L’attività sulla zona asiatica è al 10%”.
Pechino aveva infatti già bloccato l’ingresso in Cina a quasi tutti gli stranieri, sin dal 28 marzo. Il professore Marshal Burke, assistente al Department of Earth System Science per l’università di Stanford, rilasciava circa un mese fa una dichiarazione durante un’intervista alla CNN, dove affermava che il miglioramento della qualità dell’aria in alcune aree della Cina, dovuto al blocco industriale causato dall’emergenza, avrebbe evitato la morte prematura di un numero di cinesi che va dai 50.000 ai 75.000.
Che la lentezza nel ritorno a volare da parte della Cina abbia a che fare con fattori climatici, sarebbe una teoria – discutibile a mio parere – e tutta da provare. Il resto di questo articolo si prodiga per cercare di capire quali sono le cause in gioco.
È di questi giorni la notizia che la Cina stia imponendo apprezzabili limitazioni di mobilità ai viaggiatori stranieri all’interno del paese.
Il comandante J.M., a questo proposito, riporta che “i movimenti del viaggiatore cinese sono monitorati tramite una app (Health Code), mentre il viaggiatore straniero non ne è in possesso o quantomeno risulta difficilissimo procurarsela. Questo crea una certa diffidenza verso gli stranieri, in quanto non sono tracciabili e quindi visti come rischio potenziale”.
Quali sono le difficoltà che il viaggiatore locale si trova ad affrontare in questo momento nel paese?
“Le faccio un esempio. Sulla Pechino-Shangai, tratta alquanto trafficata, le autorità cancellano giornalmente il 75% dei voli. Il motivo? Causa il limitato numero di passeggeri paganti, si cerca di consolidare il carico in pochi voli, per fare sì che gli aerei viaggino a capienza maggiore, senza ridurre a priori il numero di voli, come sarebbe auspicabile. Questo ovviamente causa grossi inconvenienti ai passeggeri, i quali si trovano costretti a dover risolvere improvvisi cambi di programma a conseguenza della inefficiente tempistica nei preavvisi.”
Dal punto di vista del passeggero, quali sono a suo avviso le cause della lentezza nell’incremento della domanda?
“Per il momento, in Cina si continua a volare solo quando strettamente necessario. Non si vede una grossa attività di pianificazione delle vacanze come di norma. C’è ancora una forte componente di paura di contagio e molta diffidenza a causa dell’incostante rispetto degli orari pubblicati da parte dei vettori locali”.
Quando, a suo giudizio, si ritornerà a volare a “manetta”, senza limitazioni?
“Quando il contagio di massa era ritenuto un fenomeno puramente interno, all’inizio del mese di febbraio, l’attività di volo era al 10%. Adesso che la crisi si è stabilizzata, è aumentata appena al 25%. La diffusione del virus è stata sottostimata dal governo cinese. Non avevano considerato un contagio a livello internazionale di queste proporzioni e di conseguenza i loro piani di mitigazione post virus non includevano la propagazione a macchia di leopardo cui stiamo assistendo e quindi l’incidenza di questo fenomeno sulla frequenza dei voli sia all’interno che fuori dal paese. I contagi di rientro sono più di quelli previsti. A mio avviso, ci vorranno un paio d’anni prima di assistere a un ritorno al 90% della capacità. Qualche anno in più per vedere una frequenza simile a quella pre-coroniana, per intenderci”.
Durante i primi di aprile, nel corso di una conferenza in modalità remota di IFALPA (International Federation of Air Line Pilots’ Associations) che coinvolgeva le associazioni professionali dei piloti di tutto il mondo, il presidente Jack Netskar riferiva che il 90% delle flotte mondiali è per il momento “grounded”, cioè a terra. I differenti livelli di contagio nel mondo e la conseguente mancanza di omogeneità nelle risposte dei contesti geografici specifici, fanno sì che non si preveda una ripresa a pieni ritmi prima del 2024 o addirittura 2025.
Sono anni che brontolo a causa dell’aggressiva riduzione dello spazio a bordo a disposizione del passeggero sugli aerei di linea. Forse la rivalutazione del “proper social distancing” alla quale stiamo assistendo avrà ripercussioni positive in termini di comfort.
Forse assisteremo ad una rivisitazione delle dimensioni di posti a sedere e spazi circostanti, ponendo fine all’atroce “sorvolo” – da parte dei vettori – delle più basiche norme di progettazione degli spazi a misura d’uomo tanto care a Le Corbusier. Milioni di viaggiatori ne sarebbero riconoscenti in eterno.”