
L’emergenza epidemiologica in atto, che ha imposto il lavoro agile come modalità ordinaria di svolgimento della prestazione di lavoro in tutta la PA per ridurre al minimo gli spostamenti e la presenza del personale negli uffici, ha costretto le amministrazioni ad un ripensamento improvviso ed immediato delle proprie logiche funzionali e ad un notevole sforzo organizzativo e gestionale per garantire, al contempo, il massimo utilizzo di questa modalità lavorativa e la continuità delle attività e dei servizi resi.
Nelle intenzioni di Fabiana Dadone, Ministra per la Pubblica Amministrazione, la fase due dell’emergenza, quella del passaggio dall’attuale lockdown ad una progressiva ripartenza del paese, presumibilmente in avvio il 4 maggio, comporterà una stratificazione dello smart working e della digitalizzazione dell’attività lavorativa, con un passaggio dall’attuale media del 70% ad una percentuale di applicazione del personale non inferiore al 30-40%, dovendosi garantire, per il resto, un adeguato distanziamento delle postazioni lavorative, l’utilizzo di dispositivi di protezione e idonee turnazioni del personale.
Nei programmi della Ministra, il diffuso ricorso al lavoro da remoto, lungi dal restare confinato alla prima fase di emergenza, dovrà servire a costruire un patrimonio stabile di competenze e di buone prassi che valgano ad assicurare in futuro servizi più efficienti e maggiore benessere organizzativo.
Nella fase 3, che avrà inizio quando il rischio sarà finalmente pari o vicino allo zero e potrà farsi pieno ritorno alla normalità, occorrerà proseguire nel processo di cambiamento e di innovazione così forzosamente innescato, puntando il più possibile alla sburocratizzazione delle procedure di acquisto e delle procedure concorsuali di reclutamento di nuove risorse professionali, titolari di quelle competenze digitali, tecniche, organizzative e di governance che tanto sono risultate preziose nella fase di contenimento dell’epidemia.
E così, se la prima è stata la fase della valorizzazione delle capacità reattive ed organizzative delle singole amministrazioni e dei loro dirigenti, chiamati al difficile compito di arginare l’emergenza valorizzando al massimo le risorse umane e tecnologiche a disposizione, in pieno ossequio al principio di accountability, quelle che seguiranno saranno certamente fasi di ripartenza, riflessione, ripensamento e ricostruzione, non meno impegnative e cruciali di quella.
Pur nella sua tragica crudezza, l’emergenza si sta rivelando difatti l’occasione per dare evidenza ai limiti delle realtà più fragili della nostra PA, dalla scuola alle piccole amministrazioni locali, mostrando nervi scoperti pure di grandi istituzioni, come dimostrato dal clamoroso crack che ha registrato il sito INPS.
La PA, che nel suo complesso ha retto l’urto, dovrà ripartire dalle criticità venute alla luce in modo tanto impietoso, per superare la realtà disgregata che ancora la connota e che richiede tempi di ripresa certamente più celeri e corrispondenti a quelli propri dell’innovazione tecnologica.
Il prossimo futuro richiederà un momento di approfondita e seria riflessione, in vista di un rinnovamento sostanziale che consenta l’effettivo passaggio dal vecchio carrozzone di un’amministrazione innovata solo in parte e connotata da grandi differenziazioni al proprio interno, ad una PA più moderna e standardizzata, che recuperi i ritardi accumulati rispetto agli standard qualitativi di altri paesi europei.
Bisognerà ripartire da una corretta analisi dei fabbisogni e dall’accurata individuazione di investimenti mirati per l’innovazione e strumentazione tecnologica, ma anche dalla migliore valorizzazione delle competenze già presenti e dalla formazione estesa del personale in materia digitale e, non ultima, da una condivisione di buone prassi, conoscenze e piattaforme digitali che assicuri un’accelerazione al processo di integrazione e di conversione delle amministrazioni verso soluzioni comuni, condivise e standardizzate.
Se si sfrutterà al meglio l’attuale esperienza, si accorceranno senza dubbio le distanze alla meta di una PA più efficace e reattiva, ma soprattutto più confacente all’epoca attuale e agli standard europei.