
Cosa c’è di peggio di una pandemia che minaccia di cambiare per sempre le nostre abitudini, il modo in cui ci relazioniamo agli altri e il sistema economico globale? Chi cerca di approfittarsene.
Lo scoppio del COVID-19 ha portato i truffatori che operano sulla rete ad avvalersi del panico generalizzato e dell’impossibilità dei governi di porre in atto dei test a tappeto, immettendo sul mercato finti test in grado di scovare la malattia. Sfruttando una puntura al dito, campioni di saliva o di urina, promettono di diagnosticare la presenza del virus alla stessa stregua di macchinari da decine di migliaia di Euro.
L’americana Food and Drug Administration ha inserito la vendita e la promozione di tali oggetti tra le attività costituenti pericolo per la salute pubblica. Una persona che si sottoponesse a questo tipo di test, ricevendo un esito negativo si sentirebbe in diritto di poter uscire e frequentare familiari e amici come se nulla fosse, senza avere la certezza scientifica di essere innocua.
Il National Institute of Health (NIH) è andato dunque alla ricerca di strumenti software che consentissero di scovare questo tipo di attività, sia che esse si muovessero nel lato oscuro del web, sia alla luce del sole sfruttando le reti sociali. Il particolare il NIH ha finanziato uno studio condotto da Timothy Mackey, professore associato presso l’Università della California (San Diego) che ha consentito di sviluppare un software di machine learning progettato per smascherare venditori di falsi kit per test COVID-19.
Il software era stato originariamente pensato per scovare venditori di droga attraverso l’analisi di messaggi pubblicitari della marijuana. Una volta individuato il messaggio pubblicitario il software procedeva all’invio di avvisi per la rimozione del materiale sia ai siti web sui quali campeggiavano queste pubblicità che alle autorità competenti.
Il team di sviluppatori facente capo al prof Mackey ha pertanto reindirizzato i propri sforzi verso il contrasto alla frode dei kit sanitari, ritenendola non solo illegale e immorale ma anche potenzialmente pericolosa. Quest’ultimo aspetto è evidente se ci si sofferma a riflettere sul fatto che la diffusione del COVID-19 abbia coinvolto tutti i paesi del mondo, per questo motivo è possibile trovare kit in vendita in tutte le lingue del mondo, con una platea di clienti potenzialmente costituita da miliardi di persone.
Per riallenare il proprio software (attività ancora in corso) sono stati finora utilizzati oltre 80 milioni di post sui principali social network che facessero riferimento al virus, isolando le parole relative alla vendita di testing kits e i link che rimandassero agli shop online.
La ricerca di cure miracolose che non hanno nulla a che fare col lavoro degli esperti è purtroppo una realtà ampiamente diffusa, e in periodi come questi vi si deve porre urgentemente un argine. Per contrastare efficacemente la vendita di oggetti potenzialmente pericolosi per la salute pubblica, è necessario che le autorità, parallelamente alla repressione dei tentativi di frode online, forniscano informazioni più chiare sulle modalità con cui vengono condotti i test e quali siano i trattamenti ai quali ci si deve sottoporre una volta che si contragga il virus.