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Il mantello dell’invisibilità è l’ultima frontiera contro il riconoscimento facciale

Gli scienziati stanno lavorando per rendere reale un oggetto di fantascienza non per scopi ludici, ma per rispondere ad un’esigenza di privacy che sarà sempre più forte in futuro

I lettori di Harry Potter e gli amanti dell’omonima saga cinematografica, hanno amato tanti degli oggetti magici che compaiono nel corso della storia. Il mantello dell’invisibilità è sicuramente tra questi, ed è stato spesso determinante per il buon esito delle avventure del mago della scuola di magia e stregoneria di Hogwards.

Chi non ha mai desiderato nella propria vita di possedere questa abilità? Ebbene, per voi sognatori c’è una buona notizia: ci stanno lavorando. Facciamo prima un passo indietro per capire quali siano le ragioni che spingono solo ora diversi studiosi a ragionare di siffatti strumenti.

Il mondo è ormai densamente popolato da milioni di occhi digitali che ci osservano, raccolgono dati e sono capaci di ricostruire un’intera giornata da quando usciamo di casa fino a quando non ne facciamo ritorno. Varcata la soglia della nostra abitazione veniamo inquadrati dalla telecamera del vicino che controlla il proprio ingresso e lo stesso fa la telecamera di sicurezza del palazzo prima che sia chiuso il portone alle nostre spalle. Prendendo l’auto siamo oggetto del controllo delle telecamere di sicurezza comunali e degli autovelox. Se sprovvisti di un’auto potremmo essere costretti a prendere bus o metro, anch’esse ampiamente presidiate da telecamere. Se invece il luogo di lavoro o di studio ce lo consentono, possiamo andare a piedi, inquadrati dalle telecamere comunali e da quelle dei negozi. Una volta arrivati all’università o sul luogo di lavoro, telecamere di sicurezza interna si assicurano che tutto proceda per il meglio e che i nostri spostamenti dei nostri comportamenti siano regolari.

Gli algoritmi di intelligenza artificiale stanno facendo passi da gigante nel riconoscimento facciale tramite i filmati delle telecamere di sicurezza. È necessario chiarire sin da subito che fortunatamente lo sviluppo dell’occhio umano, passato per migliaia di anni di evoluzione, non è stato ancora battuto dall’occhio digitale. L’uomo è ancora molto più abile della macchina a riconoscere i propri simili, identificandoli per particolari caratteristiche.

Ancor più importante, gli esseri umani sono in grado di riconoscere una persona anche se questa cambia taglio di capelli o si veste in modo particolare o si trucca. Questi sono tutti fattori che invece danno fastidio ad un algoritmo di riconoscimento facciale, abituato a vederci in una particolare veste, con determinate condizioni al contorno. È proprio su questi fattori che molti studiosi stanno lavorando per cercare di ottenere la ricetta per l’invisibilità fisica in ambito digitale, il cosiddetto mantello dell’invisibilità.

Tutto nasce dalla necessità di validare l’abilità di riconoscimento delle telecamere, come spiega il professor Tom Goldstein dell’Università del Maryland, in un’intervista rilasciata ad Ars. L’obiettivo – si legge nell’intervista – è riuscire a ingannare gli algoritmi che sono alla base dei sistemi di riconoscimento, facendogli credere che stanno guardando altro da ciò che sta realmente accadendo.

La ricerca è certamente ancora agli inizi, uno dei più grossi problemi per ottenere la completa invisibilità è che per ingannare telecamere diverse, progettate con tecnologie e algoritmi eterogenei, sarebbe necessario trovare un mezzo universalmente valido tale da rendere il riconoscimento facciale non processabile. D’altra parte, come si accennava in precedenza, anche la face detection è in pieno progresso, e ha già affrontato con successo problemi che fino a poco tempo fa sembravano insormontabili: in occasione dell’esplosione della pandemia di COVID-19 in Cina i sistemi di riconoscimento facciale sono stati allenati a identificare persone con indosso mascherine.

La pressione dell’opinione pubblica nel lungo periodo porterà i regolatori a porre un freno a questa indiscriminata raccolta di dati personali tuttavia, nell’attesa del mantello dell’invisibilità, dovremo convivere nel breve periodo col dubbio se sia possibile uscire di casa senza essere visti, senza che nessuno possa chiedere conto del perché ci si trovasse in quel determinato luogo in quel particolare orario e, ancor più importante, senza dover subire obtorto collo un processo di identificazione facciale.

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