AFFARI & FINANZAECONOMIA

Quale economia viene infiltrata dalla criminalità organizzata?

Questo è il tempo ideale per i mafiosi, avvisano il ministro degli Interni e i procuratori della Repubblica. Ma quali sono i settori più a rischio?

Durante quest’ultimo periodo, caratterizzato dall’emergenza sanitaria, sono comparsi numerosi warning in ordine alla possibilità che un’economia priva di risorse finanziarie possa essere “infiltrata” dalla criminalità organizzata. Il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, in una sua direttiva ha espressamente formulato ai prefetti la richiesta di svolgere “azione di prevenzione e contrasto dei tentativi della criminalità organizzata di penetrare il tessuto produttivo” indirizzandoli sui settori economici più esposti (“un focus specifico potrà essere dedicato alle dinamiche societarie della filiera agroalimentare, delle infrastrutture sanitarie, della gestione degli approvvigionamenti, specie di materiale medico, del comparto turistico-alberghiero e della ristorazione, nonché dei settori della distribuzione al dettaglio della piccola e media impresa”).

Anche il procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho, ha lanciato l’allarme: “Questo è il tempo ideale per i mafiosi. E, purtroppo, non è soltanto una preoccupazione di scuola”. “In Campania la camorra si sta muovendo per distribuire spesa alimentare alle famiglie in difficoltà. E lo hanno cominciato a fare prima dei buoni spesa del governo. E non perché ci siamo mossi tardi. Ma perché i mafiosi sono per definizione veloci, non hanno burocrazia, hanno grandissima liquidità”. E ancora, “il consenso sociale è una parte del loro piano di espansione” accanto alla “conquista di settori dell’economia.

Ecco, bisogna anticiparli. Loro andranno dalle aziende in crisi con grande disponibilità economica e proveranno a mangiarle”. “Dobbiamo evitare che accada intervenendo sul sistema di credito, snellendo le procedure di accesso, rendendo tempi veloci ma non per questo pensando a meno controlli. Lo Stato deve difendere l’impresa sana”. Anche i procuratori della Repubblica di Milano e Napoli, Francesco Greco e Giovanni Melillo, hanno voluto stigmatizzare la criticità del momento segnalando come sussiste la possibilità che le organizzazioni criminali possano provare ad allungare le proprie mani sui prestiti alle imprese garantiti dallo Stato e sugli appalti che saranno banditi nella cosiddetta “fase 2”. Il primo ad aver segnalato questo pericolo concreto è stato però il procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, da sempre impegnato nel contrasto in quella che oramai sembrerebbe essere l’organizzazione mafiosa italiana più ricca: la ‘ndrangheta. 

Come quest’ultima organizzazione mafiosa possa infiltrare l’economia, è stato, già da tempo, spiegato più volte dallo stesso magistrato, anche in uno dei suoi ultimi libri (“Fiumi d’oro – come la ‘ndrangheta investe i soldi della cocaina nell’economia legale”) sempre ricchi di richiami ad attività investigative svolte e quindi di riscontri “on the field” effettuati nel corso delle lunghe indagini penali condotte. Il punto di partenza è sempre lo stesso. Il denaro, che non ha colore né odore, deve essere reimmesso nel circuito economico perché le ricchezze accumulate vanno smaltite, reinvestite.

Attraverso le tre fasi del riciclaggio di denaro (il collocamento, la stratificazione e l’integrazione) l’organizzazione criminale deve poter disporre dei propri soldi in maniera lecita, alla luce del sole. Certo, ormai il momento in cui i beni riciclati erano direttamente riconducibili agli affiliati è tramontato. Si privilegiano strutture societarie con l’interposizione di quanti più schermi possibile, l’utilizzo di prestanome e di società anonime. Ciononostante sembra essere indubbio che fiumi di denaro, generati ad esempio dal traffico internazionale di cocaina, continuino ad essere inseriti nei circuiti dell’economia reale. Ed addirittura che “l’economia legale non scacci quella illegale. Tutt’altro, la blandisce, la vezzeggia”.

In questo scenario, scrive Gratteri, “in Italia, i principali ambiti d’interesse della ‘ndrangheta sono la gestione dei centri commerciali, la ristorazione, le strutture turistico-ricettive, i supermercati, la grande e piccola distribuzione, l’edilizia privata e pubblica, i trasporti, lo smaltimento di rifiuti, i mercati ortofrutticoli, i distributori di carburante, la logistica (facchinaggio e pulizie), le società immobiliari, la gestione di impianti per la produzione di energie alternative (eolico e fotovoltaico) il gioco d’azzardo anche online e l’usura”.  

Ma certo questa è una esemplificazione schematica; non saranno solo questi i target dell’infiltrazione della criminalità organizzata nell’economia legale. Ciò poiché i fiumi di denaro illecito che è capace di generare cercheranno di occupare, come l’acqua, ogni spazio sia loro concesso (e funzionale).

Al momento attuale, a fronte delle prossime erogazioni che verranno concesse dallo Stato con il c.d. decreto “liquidità”, la soluzione prospettata dal procuratore nazionale antimafia e dai procuratori di Milano e Napoli risiederebbe nella tracciabilità dell’uso dei finanziamenti erogandi. Tale tracciabilità dovrebbe avvenire attraverso il ricorso obbligatorio a conti dedicati, in grado di facilitare l’individuazione di anomalie e rischi di riciclaggio. 

La battaglia, a quanto pare, è appena iniziata…

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