ECONOMIA

Al capezzale della sicurezza energetica

Oggi la videoconferenza straordinaria tra i membri dell’Opec+ con la partecipazione di tutti i paesi membri del G20 decide il futuro energetico mondiale. Prezzi in picchiata, mercati al collasso

Una riunione impensabile e due ospiti inattesi: il coronavirus e la disperazione dei Paesi produttori. Al tavolo giocheranno pesante i tre Paesi che puntano a posizioni di forza nei  futuri equilibri economici mondiali, Cina, Usa e Russia.  Saltati i galatei e i regolamenti, oggi le prime carte le distribuirà il panico.

La principale compagnia petrolifera  cinese, China National Offshore Oil Corp ,  ha tagliato  gli investimenti annuali del 15 % . La  statunitense Exxon Mobil  li ha tagliati del 30%.  I proventi da esportazione di gas della compagnia energetica russa Gazprom   nel primo bimestre hanno subito  un calo del 51,3% e poiché il bilanci della Federazione Russa si fanno (principalmente)  con  le tre sorelle Gazprom, Rosnieft e Lukoil ecco il rublo calante. Con alcuni Paesi europei, ad esempio il Belgio, il calo è impressionante, del 54,8%. D’accordo, il Belgio non è cosmico; ma anche la Germania  ha registrato una  contrazione del 38.4% e piccola non è. Per un paradosso della storia, essere oggi  paese produttore di petrolio significa   restare  totalmente esposto alla crisi. In Africa sta precipitando  tutto: con un prezzo del greggio diminuito di due terzi dall’inizio dell’anno e ieri sceso a 26,2 dollari al barile, i produttori africani hanno visto il valore delle loro esportazioni  precipitare, con l’aggravante che   le loro scorte petrolifere non le vuole nessuno. Solo Nigeria e Angola potrebbero perdere 65 miliardi di dollari di entrate, mentre gli esportatori di petrolio africani dovrebbero vedere raddoppiare i loro deficit di bilancio.I numeri, così sintetizzati all’ingrosso, racchiudono montagne di dollari.  Svaniti. Torniamo in Russia e precisamente ai  dati diffusi oggi dal Servizio doganale federale della Federazione Russa  secondo cui  le esportazioni di gas si sono attestate a 32,5 miliardi di metri cubi con un calo del 24,6 %; nel  solo mese di febbraio, quindi,  i proventi da esportazione di gas sono diminuiti del 32,8% attestandosi a 2.027 miliardi di dollari. Più di 1000 miliardi persi.

 Nigeria e Angola  potrebbero perdere 65 miliardi di dollari di entrate. A formulare una stima strutturata delle perdite di introiti cui va incontro il Continente è stata  l’Unione africana; secondo i tecnici, il rallentamento potrebbe determinare una contrazione fino al 15 per cento degli investimenti diretti esteri del continente, con un impatto drammatico sull’occupazione:  20 milioni di posti di lavoro persi se continuerà il congelamento delle attività. Il report dell’Unione  afferma che  i governi africani potrebbero perdere fino al 20-30 per cento delle loro entrate fiscali, stimate a 600 miliardi di dollari . Quando però piove sul bagnato occorre sommare a quanto si perde anche quanto si spende in più: 130 miliardi .

Il crollo della domanda globale di greggio e di energia conseguente alla pandemia di coronavirus ha fatto definitivamente saltare gli equilibri da una parte e dall’altra del mondo.  Ad aprile è previsto un crollo pari a 18 milioni di barili/giorno su un totale di 100 milioni mentre nessuno è in grado di prevedere quanto durerà la congiuntura nefasta.

Sostenere il prezzo  decurtando  drasticamente la produzione è impresa complicatissima da gestire e da armonizzare tra pese con obiettivi poco convergenti. Sostenere la domanda è impresa altrettanto impossibile fino a quando le economie di mezzo mondo produttivo sono ferme ai box del coronavirus. In mezzo c’è  la sicurezza energetica mondiale, dietro le cui insegne va in onda il più formidabile   banco di prova  a tre: Cina, Usa, Federazione Russa.

La recessione mondiale in agguato avrebbe bisogno di un settore petrolifero stabile e  la  “ratio” economica dovrebbe spingere verso la  “pax” petrolifera.  Ma il “bellum” petrolifero costituisce la migliore piattaforma  per opzionare il ruolo di potenza egemone mondiale nei prossimi anni. La Cina la vuole fare sua. L’America non la vuole lasciare. La Russia può aspirare a stabilire  di chi sarà.

Back to top button