
Nel clamore generale dell’emergenza epidemiologica in corso, non ha avuto forse il giusto risalto la notizia di un incremento di 5 milioni di euro della Sezione speciale del Fondo per le PMI dedicato all’imprenditoria femminile, annunciato lo scorso 12 marzo dalla Ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia.
L’incremento, operato con risorse del Dipartimento per le pari opportunità al fine di mettere subito in campo risorse immediatamente attivabili per favorire l’accesso al credito delle imprese guidate da donne, costituisce certo una goccia nel mare ed è auspicabile come primo timido passo per far fronte alla situazione di grave difficoltà determinata dall’emergenza da COVID-19.
Un segnale di sostegno all’imprenditoria femminile in un momento di generale difficoltà, nell’intento di guardare con maggior ottimismo al futuro e al lavoro delle donne come uno dei “motori più importanti per ripartire insieme come Paese”.
Il tema delle disuguaglianze di genere, si sa, è ampiamente discusso in ambito internazionale come nazionale.
A supporto del dibattito, vengono periodicamente esaminati numerosi quanto complessi indicatori statistici per misurare i divari di genere presenti nell’economia e nella società, all’interno dei vari paesi e tra i paesi stessi, indicatori che, infine, giungono per lo più a conclamare situazioni di persistente divario.
Certo una rassegna delle disposizioni adottate in Italia negli ultimi decenni dimostra che molto già si è fatto nel nostro Paese nel contrasto alla disparità di genere, ma tante risposte, nel privato come nel pubblico, vanno ancora date.
E’ quanto in sostanza era emerso anche nel corso della visita che la stessa Ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia aveva fatto lo scorso mese di gennaio all’Istituto di ricerca sulla popolazione e le politiche sociali del Consiglio Nazionale delle Ricerche, per prendere personale visione degli studi e dei progetti in corso, quindi, meglio valutare l’efficacia delle politiche pubbliche già messe in atto e identificare strumenti per renderle più incisive.
In quella occasione, erano stati approfonditi quattro fondamentali filoni di ricerca, riguardanti la parità di genere nell’ambito del mondo della scienza, la prevenzione e il contrasto alla violenza contro le donne, la partecipazione femminile nelle istituzioni pubbliche, e le politiche familiari e demografiche.
Dal confronto, era venuto fuori come ulteriori interventi pubblici, sempre più specifici e mirati, potrebbero costituire la vera chiave di volta per proseguire verso un sostanziale contributo nella riduzione di un persistente divario.
In particolare, in merito alle politiche familiari e demografiche, la collaborazione tra il CNR-IRPPS e il Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri, aveva posto in evidenza un contesto particolarmente difficile per l’Italia, la cui crescita demografica resta tra le più basse in Europa.
Una situazione che riflette profondamente, tra gli altri, un mancato adeguamento realmente efficace delle nostre politiche ai profondi cambiamenti registrati dalla società nei rapporti di genere e che vale dunque ad individuare nella parità di genere e nell’investimento nelle famiglie, ancora una volta, quella che dovrà continuare a costituire una delle priorità da considerare da parte del Governo.
Nel pubblico, occorrerà ripartire probabilmente da un buon monitoraggio delle politiche del personale attuate dalle singole amministrazioni, dall’effettivo funzionamento e dall’incremento delle attività dei Comitati unici di garanzia (CUG), con i loro compiti propositivi, consultivi e di verifica in materia, e soprattutto da piani di azioni positive che non siano, nella loro sostanza, documenti meramente adempimentali ma che si prefiggano il concreto obiettivo di apportare un reale contributo alla causa.