SALUTE

Antielogio della follia

La quarantena ha consentito a molti di dedicarsi alla rilettura di grandi classici. Come il capolavoro di Erasmo da Rotterdam

L’isolamento forzato dettato dall’epidemia di coronavirus porta molti di noi a dedicarsi, con maggiore calma e concentrazione del consueto, alla riscoperta dei libri come forma di intrattenimento e di elevazione spirituale. Alcuni di noi riscoprono in particolare i classici, quei libri immortali che non durano lo spazio di una stagione, ma che per la loro profondità e valenza culturale attraversano i secoli e le generazioni.

In una ideale hit parade dei più gettonati, il lettore appassionato di classici – l’equivalente del nerd prima dell’emersione dell’informatica – privilegia su tutti il Decamerone di Boccaccio ed il suo gruppo di gentiluomini e gentildonne isolati dalla peste del Trecento; e poi la storia della peste del 1600 narrata nei Promessi Sposi; e poi ancora, saltando narrativamente in avanti di qualche secolo, vaga con i protagonisti nelle strade di Orano ai tempi della Peste di Albert Camus.

Non di pestilenza, ma della natura dell’uomo parla un altro caposaldo della cultura occidentale: l’Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam. Questo saggio satirico, scritto nel giro di una settimana e dedicato all’amico Thomas More, fu composto durante una breve malattia del suo autore, e non era inizialmente diretto ad essere pubblicato. Riscosse invece un successo immediato e strabiliante per lo stesso Erasmo, conquistandogli definitivamente un posto nell’empireo dei pensatori di tutti i tempi.

L’argomento dell’Elogio è piuttosto semplice, ma penetrante: la Follia parla di sé stessa, ricordando di essere stata allevata dall’Ignoranza e dall’Ubriachezza. Durante il suo cammino per il mondo, la Follia è affiancata dai suoi degni compagni, e su tutti dalla Vanità o Philautia; dall’Adulazione o Kolakia; dalla Dimenticanza o Lethe; dall’Accidia o Misoponia; dalla Demenza o Anoia

Lasciato per un attimo il dito indice tra le pagine del libro, il mio pensiero è andato a tutti quei personaggi del nostro mondo pronti ad essere succubi dell’Adulazione qualunque cosa essi propongano; affetti magari da Misoponia quando ci sia da svolgere compiti per i quali si è stati eletti; o talmente dediti alla promozione di sé stessi qualunque cosa accada, in ossequio alla Philautia, da far sorgere il sospetto di essere guidati dalla Anoia per la qualità delle loro esternazioni.

Forse il buon Erasmo avrebbe dovuto essere letto e meditato da quagli esponenti del governo iberico che, dimentichi della lezione impartita cento anni fa dall’influenza rimasta famosa come “spagnola”, hanno ceduto alla Vanità ed alla Adulazione, lasciando che si svolgessero oceaniche manifestazioni per l’8 marzo. La Follia di quella decisione si è manifestata dopo poco quando il morbo si è violentissimamente diffuso in quel paese che come italiani sentiamo fratello, lasciandoci orripilati a guardare le immagini di decine di pazienti stesi a terra nei corridoi degli ospedali madrileni. Nel momento in cui scriviamo, a distanza di solo due settimane, in Spagna si registrano 131.000 contagiati e quasi 13.000 morti – quasi mille morti al giorno.

E che cosa dovremmo pensare come italiani di chi, pur essendo consapevole di tutto ciò, si è inserito con passo felpato nell’agenda delle notizie nazionali proponendo che per la domenica di Pasqua le chiese siano aperte e che accolgano il loro tradizionale carico di fedeli? Non salta forse immediatamente alla mente l’immagine terribile degli assembramenti spagnoli? E non si manifesta nello stomaco e nel cuore la paura di vedere stesi nei corridoi dei nostri ospedali migliaia di moribondi, ancora con il rosario in mano?

Non siamo certi che l’Elogio della follia rientri tra le letture di chi ha formulato questa proposta. Avendo tuttavia più volte pubblicamente manifestata la propria fede di buon cattolico, siamo certi che conosca il testo del Terzo Segreto di Fatima, secondo il quale si vedrà “un vescovo vestito di bianco, altri vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose salire una montagna ripida, in cima alla quale c’era una grande Croce di tronchi grezzi, come se fosse di sughero con la corteccia; il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo, con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino”.

Ecco, forse leggendo queste parole ammonitrici sarebbe il momento di formulare un antielogio della follia, invitando ad una maggiore ponderazione, se non al silenzio. La Demenza in tempi di epidemia conduce a tragici risultati, e rischiare di giocare con la vita del Paese dando ascolto alla Philautia è l’ultima cosa che ci serve.

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