
Una delle tragedie maggiori dell’epidemia in corso è il numero di medici ed operatori sanitari che sono stati infettati mentre si prendevano cura dei propri pazienti, e che sono morti di conseguenza. Il sito della FNOMCEO, una delle associazioni di categoria, ha preso l’iniziativa di pubblicare tutti i nomi dei caduti, esattamente come si fa con i monumenti di guerra. Ed esattamente eroi di guerra dovrebbero essere considerati tutti quelli che la stanno combattendo in prima linea, mentre al comune cittadino viene solo richiesto di essere prudente e stare a casa.
Esiste tuttavia un posto in Italia dove non uno degli operatori sanitari si è infettato, né tanto meno è caduto compiendo la propria missione. Si tratta dell’Ospedale Cotugno di Napoli, lo storico e glorioso presidio cittadino contro le malattie infettive. Intitolato ad uno dei più prestigiosi infettivologi italiani, nel corso dei decenni ha sviluppato una capacità clinica che lo colloca ai vertici mondiali come misure di prevenzione e come qualità dei medici e degli infermieri che lo fanno funzionare.
Secondo un servizio di Sky News, che ha intervistato due tra i maggiori responsabili della struttura, quando il COVID è arrivato in città, l’ospedale napoletano era pronto a riceverlo. In passato, il Cotugno ha gestito le epidemie di tubercolosi, colera e AIDS, ed è per questo che ha in funzione una serie di misure per la protezione degli operatori che ne hanno garantito la sicurezza. Massima attenzione al rispetto dei percorsi interni all’ospedale, strumenti di difesa individuale frequentissimamente cambiati, protocolli di isolamento assoluto per i pazienti.
Tutto questo ha fatto in modo che fino ad ora al Cotugno nessun medico o infermiere sia stato infettato dal coronavirus. E forse non è un caso che dal Pascale, un ospedale a poche decine di metri in linea d’aria dal Cotugno, provenga il dottor Ascierto, il medico assurto agli onori della cronaca per essere stato il propugnatore dell’uso di un farmaco contro l’artrite reumatoide per ridurre i sintomi più gravi dell’infezione polmonare da coronavirus.
Da questo polo ospedaliero, che è alla prova dei fatti un’eccellenza nazionale per la gestione di questo tipo di calamità, dovranno in futuro provenire le pratiche di buona gestione che saranno implementate per la costruzione di un nuovo sistema di prevenzione e contrasto delle epidemie In Italia.
Ciò che sta diventando evidente in questa lunga emergenza è che nel nostro Paese, e probabilmente nell’intero mondo Occidentale, va riportata la competenza al centro del villaggio. Troppo a lungo, chiusi nella nostra sicurezza e supponenza di cittadini dei paesi avanzati, abbiamo cullato e perpetuato l’illusione che chiunque possa fare qualunque cosa; e che l’opinione dell’uomo della strada abbia lo stesso valore rispetto a quella di coloro che hanno dedicato la propria vita alla salvaguardia della salute pubblica e, diremmo, delle libere istituzioni.
Così come in futuro i medici che dovranno disegnare il nostro prossimo assetto sanitario dovranno essere coloro i quali in questo momento stanno dimostrando capacità ed abnegazione nella gestione dell’epidemia, e che non spendono tempo in televisione o sui social media; allo stesso modo sarà necessario rifocalizzare il nostro intero sistema di valori dall’apparenza – cui un certo modo di vivere e comunicare la politica ci ha abituati a partire dagli anni ’90 – alla competenza. La società dell’immagine nella quale viviamo ho portato in molti casi alla ribalta personaggi il cui unico valore è quello di saper parlare alla pancia della gente, senza nutrire alcun vero interesse per altro che non sia la gestione del potere. Questa piaga non ha colpito solamente il nostro Paese, ma ne abbiamo famigerati esempi anche in Europa o oltreoceano, dove il nome del profitto e del vantaggio elettorale immediato si negano evidenze scientifiche come il riscaldamento globale o il danno potenziale di una pandemia come quella in corso.
Come Dorian Gray, la moderna civiltà occidentale deve smettere di fare attenzione unicamente alla propria apparenza estetica, dato che la nostra immagine deforme nello specchio prima o poi ci chiederà il conto delle nostre nefandezze.
In attesa di questa rivoluzione valoriale, quando tutto questo sarà finito in ognuna delle piazze italiane dovrebbe essere eretto un monumento al medico ed all’infermiere ignoto.