ECONOMIA

Il medagliere italiano della competitività sotto l’indice di letalità

La sanità sorveglia la curva del contagio e aggiorna il numero dei decessi. Ma i comparti produttivi italiani più competitivi nel mondo sono fermi. Chiusi anche i comparti dell’eccellenza. E poi?

Esiste un indice delle eccellenze competitive italiane, chiamato anche indice Fortis-Corradini (dal nome dei due ideatori), pubblicato annualmente dalla Fondazione Edison, che riporta la classifica dei prodotti per i quali l’Italia occupa le prime posizioni nell’export mondiale. Si tratta di un indice che, grazie ad un particolare algoritmo, è in grado di misurare con un grandissimo livello di dettaglio il numero di prodotti in cui ciascun Paese è primo, secondo o terzo al mondo per surplus commerciale con l’estero. L’indagine di fine 2019, basata sulla classificazione HS2012 che suddivide il commercio internazionale in ben 5.206 prodotti, evidenzia nell’ultimo anno per cui sono disponibili statistiche complete per tutti i Paesi del mondo, cioè il  2017, ben 922 prodotti in cui l’Italia si trova ai vertici mondiali per surplus commerciale, per un valore complessivo di 166,3 miliardi di dollari. L’Italia è prima in 240 prodotti, per un controvalore di 62,5 miliardi; seconda in 380 prodotti, per un controvalore di 67,2 miliardi; terza in 302 prodotti per un controvalore di 36,7 miliardi di dollari. 

Il medagliere  è ignorato dagli italiani stessi: 7 su 10 sanno indicare un solo prodotto, la metà ne conosce due e solo uno su dieci ne elenca tre sui 902 a disposizione sul podio.

In giorni in cui la dittatura delle statistiche è divenuta “forma mentis” comunitaria,  colpisce l’approssimazione per difetto che alberga attorno al   tessuto produttivo che consente al sistema Paese di  restare grande e sostenere le difficoltà presenti: quelle presenti, perché quelle future saranno totalmente rivoluzionate.

 L’Italia è leader nella manifattura, nell’economia circolare (campione europeo nel riciclo dei rifiuti), nell’agroalimentare (primi in Europa per valore aggiunto, tra i leader mondiali nelle coltivazioni biologiche), nella creatività (primo tra i grandi Paesi Ue per numero di imprese del design), nel turismo (secondo Paese dell’Ue per pernottamenti di turisti extraeuropei).

Con 106,9 miliardi di dollari di surplus siamo tra i primi 5 Paesi al Mondo per attivo manifatturiero, grazie ad un tessuto produttivo fatto soprattutto di piccole e medie imprese. Il nostro Paese conta il più elevato numero di PMI manifatturiere esportatrici nell’area Ocse. Analizzando in maggior dettaglio questo punto e limitandoci al quadro europeo, le PMI italiane sono prime per export nel tessile, nell’abbigliamento, nelle pelli-calzature e nei mobili; seconde nei prodotti a base di minerali non metalliferi, nei prodotti in metallo e nelle macchine e apparecchi meccanici; terze nei prodotti in gomma e plastica; quarte nei metalli, negli apparecchi elettrici e negli altri settori manifatturieri. Le nostre PMI hanno dunque un ruolo evidentissimo anche in ambiti diversi da quelli tradizionali della moda e dei mobili, in cui l’Italia è leader.

I provvedimenti restrittivi  (giustamente) imposti stanno salvando – apparentemente – solo l’agroalimentare che con 32,2 miliardi si colloca davanti ai Paesi europei per valore aggiunto generato (quasi un quinto di quello dell’intero sistema agricolo dell’Unione europea).  Tutto il resto è  fermo, compresa la robotica (altro primato italiano), anche se qualche servizio televisivo mostra immagini di robot impiegati in corsia.

Questa capacità di fare e di saper fare è stata messa in quarantena (anche) a causa di ritardi e inadeguatezza di modelli. In particolare non è stato affatto messo a fuoco il punto cruciale dell’isolamento dei positivi (dentro le abitazioni,  nei ricoveri, negli ospedali) escludendo dal cruscotto degli strumenti efficaci il ricorso a tamponi a tappeto ed anche escludendo quel criterio epidemiologico  che allarga la ricerca sui contatti dopo che è stato individuato un positivo, sintomatico e asintomatico.

Abbiamo imparato a convivere con tutte le statistiche sanitarie, ma si dovrebbe anche desiderare di conoscere le statistiche che ci dicono se esistono modalità per rimettere in moto, quando e come, il Paese fermo: con una attenzione scrupolosa per chi è più debole ed esposto ma anche con la graduale messa in operatività di quanti possono riprendere le attività. Ripensare al distanziamento sociale in fabbrica non è meno necessario, ora, della repressione verso  chi esce di casa. Perché quando si potrà riaprire, bisognerà partire in modo nuovo. Ripensare e riscrivere  le regole della vita comune (scuole, stadi, mercati, metropolitane, chiese, musei) e ridefinirne le modalità del loro utilizzo e fruizione non è meno prioritario che riconvertire il tessile al sanitario. Rideterminare, abolendoli se necessario, i ruoli e i loghi di chi ci deve aprire le vie di ingresso nei mercati mondiali, spesso senza alcuna piattaforma e senza alcuna innovazione utile, ma solo esercitando il ruolo formale di rappresentanza. Ridefinire le regole e la governance della presenza nelle aree strategiche. Insomma: un compito da far tremare le vene. Ma su tutto questo, solo silenzio.

Il Governo ha prorogato  le misure di contenimento fino a Pasqua, ma non vi è uomo di dottrina medica che non ci avverta che l’emergenza ci accompagnerà almeno fino a fine maggio (scenario più ottimistico tra i tre scenari maggiormente condivisi) e che poi dovremo attendere  il ritorno di  Covid 19, con introduzione di meccanismi “apri/chiudi”  fino a quando non sia depotenziata totalmente la sua carica mortifera. Ma poi ci saranno altri rigurgiti. E poi ci saranno altri virus. Durante tutto questo tempo  va curata  anche la vita, oltreché la salute, e va  salvato quanto più possibile quanto resterà del   medagliere italiano che misura la capacità di fare bene.

Il prossimo indice Fortis-Corradini dovrà cambiare algoritmo se vorrà fotografare al meglio il nuovo mondo dei prodotti 2020. E forse ci impiegherà di più per avere a disposizione tutte le statistiche dei paesi coinvolti nel commercio internazionale. Ma è necessario che  il nuovo algoritmo non tolga tutte le medaglie italiane per ritardi ed errori del tempo presente, scusandosi col dire che neanche gli italiani sanno quante medaglie sono appese.

Il governatore del Veneto parla di un possibile picco in aprile e di un ritorno alla normalità a giugno. Disegna uno scenario ottimista. Ma intanto ha applicato un metodo nuovo al contrasto Coronavirus fatto di tamponi generalizzati,  ricostruzione della catena dei contagi, cabine di regie  per poter ripartire, se proprio non a rischio zero, al minor rischio possibile.

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