
Il Ministero degli Interni ha segnalato un aumento dei reati informatici nel corso della situazione di emergenza da Coronavirus, riportando alcuni riscontri da parte della Polizia postale e delle comunicazioni e l’invito ai cittadini ad “innalzare le difese informatiche e comportamentali”. I dati registrati dal Viminale indicano un incremento registrato nelle ultime settimane, con denunce per 13 adescamenti online di minori, 184 truffe online e 190 episodi di cybercrime.
Il rischio di adescamento di minori online risulta aumentato, dal momento che le misure di contenimento che impongono la permanenza domiciliare hanno avuto un impatto significativo sulle abitudini e sulle routine. Sono stati modificati alcuni comportamenti, e di conseguenza viene offerta una più ampia serie di occasioni per avere dei contatti online, anche e soprattutto attraverso piattaforme di social network (fra cui anche i social anonimi). In questo contesto, complici la noia e la naturale esigenza da parte dei più giovani di una continua ricerca di stimoli, svago o distrazioni, operano anche predatori sessuali che possono approfittare tanto delle informazioni rese pubbliche dagli utenti quanto dei frutti dei singoli contatti attraverso WhatsApp, Snapchat, Telegram, Kik o altri servizi di messaggistica istantanea. È importante un’educazione alla “vita digitale” dei minori, soprattutto per evitare di incorrere in alcuni pericoli (fra cui rientrano sexting, cyberstalking, sextortion, etc.) e garantire così una maggiore protezione ai soggetti più esposti. L’attuale contesto offre la migliore occasione per recuperare questo gap di consapevolezza. Internet è uno strumento molto utile e potente per consentire l’instaurazione o la prosecuzione di contatti sociali pur in periodi di isolamento forzato, ma come ogni strumento deve essere utilizzato tenendo conto (e prevenendo) dei rischi derivanti dal suo impiego non corretto o imprudente. Ad esempio, in questo periodo è riscontrata un’elevatissima attività di posting e dunque può essere facile apprendere una serie di informazioni relative ad un ignaro ed inconsapevole utente che non sa destreggiarsi con le “impostazioni privacy” o, ancor peggio, non è conscio delle conseguenze di informazioni o contenuti che rende (attualmente o potenzialmente) pubblicamente accessibili.
La situazione di emergenza ha portato anche all’aumento di attacchi informatici tramite malware, tentativi di phishing (in tutte le multiformi declinazioni), episodi di truffa nella commercializzazione di mascherine e dispositivi o prodotti sanitari o altrimenti nella raccolta fondi. La situazione di particolare vulnerabilità diffusa degli utenti, infatti, agevola il buon esito di molte campagne criminali, dal momento che i cybercriminali giocano per lo più sul fattore emotivo al fine di ridurre cautele e difese e sulla rapidità di ingaggio garantita dal mezzo informatico.
Come si può agire a propria tutela? Certamente, la consapevolezza è un primo passo fondamentale, cui vanno aggiunte tutte quelle attenzioni proprie delle buone prassi di “igiene digitale”, sperando che si trasformino in nuove (o rinnovate) abitudini per una più sicura vita online e offline.