NOVITÀ NORMATIVE

Leggi di emergenza, tutto regolare? Cosa dice la Costituzione

Per rispondere all'epidemia del Coronavirus si è creato un vero e proprio ordinamento giuridico parallelo compendiato in un volume di 280 pagine

È molto dibattuta in questi giorni la questione se le norme di restrizione della libertà personale emanate dal nostro Governo siano conformi o meno al dettato costituzionale e se quest’ultimo preveda la possibilità di ricorrere ad una legislazione d’emergenza.

Da un mese ad oggi si è creato un vero e proprio ordinamento giuridico parallelo che, tra decreti legge, decreti del Presidente del Consiglio, ordinanze della Protezione civile e delle Regioni, è stato compendiato in un volume di 280 pagine.

È ora atteso un ulteriore provvedimento che inciderà sui procedimenti amministrativi e civili, per conformare durata e termini  alla contingenza emergenziale.

È naturale, quindi, chiedersi fino a che punto il Governo possa emanare provvedimenti aventi forza di legge che vanno ad incidere su diritti garantiti dalla Costituzione, quali la libertà di movimento e di riunione, la libertà d’impresa, il diritto di culto e il diritto alla scuola.

Un importante vaglio si è avuto in occasione della conversione in legge del primo decreto legge, quello del 26 febbraio, su cui poggia tutto l’impianto normativo successsivo.

In tale sede, prima dell’approvazione della legge e come da procedura, sono state chiamate ad esprimere il parere costituzionale le competenti  commissioni di entrambi i rami del Parlamento. Mentre quella del Senato si è limitata a dare un secco parere favorevole senza commenti, alla Camera è stata approfondita la conformità costituzionale soprattutto mediante la disamina delle numerose sentenze della Suprema Corte in merito.

In pratica è stato precisato che, dinanzi a crescenti difficoltà sociali non fronteggiabili in via ordinaria dal legislatore, la Corte accetta normative nelle quali, pur intravedendo dei limiti di legittimità costituzionale, li giustifica sulla base della circostanza che, essendo dovuta a situazioni straordinarie e di carattere temporaneo, la compressione dei diritti non sarebbe tale da pregiudicare in modo definitivo posizioni soggettive.

Va da sè, pertanto, che tale limitazione vada rimossa non appena cessate le ragioni straordinarie che ne hanno determinato l’adozione.

D’altronde l’Italia, nel periodo della lotta al terrorismo nei primi anni anni ’80, ha già vissuto una grave stagione di emergenza che diede luogo ad una severa legislazione speciale, la quale compresse le più basilari garanzie costituzionali con disposizioni che ampliavano enormemente i poteri di polizia e la discrezionalità giudiziaria.

Il corpo sociale, guardando al terrorismo come minaccia incombente che stravolgeva la normalità della vita quotidiana, accettò le limitazioni senza protesta e la Corte, in una significativa sentenza del 1982, respinse i dubbi di legittimità costituzionale, argomentando che “le disposizioni denunciate andavano rapportate ragionevolmente alla causa occasionale derivante dalla necessità di tutelare l’ordine democratico e la sicurezza pubblica contro il terrorismo e l’eversione”, per cui non potendosi dubitare della gravità ed eccezionalità del fenomeno  da combattere “di fronte a tale situazione, Parlamento e Governo hanno non solo il diritto e il potere ma anche il preciso dovere di provvedere adottando apposita legislazione di emergenza’.  

Adattando la massima alla situazione attuale, di fronte all’esigenza di arginare il fenomeno di una dichiarata pandemia, si può allo stesso modo  parlare di dovere del Governo di adottare ogni provvedimento possibile.

Il ricorso alla giurisprudenza della suprema Corte si rende necessario in quanto nella nostra Costituzione è contemplato lo stato di guerra, ma mancano disposizioni che disciplinino lo stato d’emergenza.

Non fu una lacuna, la decisione di non prevederlo da parte dei padri costituenti, in particolare Giovanni Leone e Pietro Calamandrei relatori per la specifica materia, fu dettata dal non voler inserire istituti  che richiamassero il passato regime fascista. Ritennero il ricorso al decreto legge un modo sufficiente per fronteggiare le emergenze e, pertanto, all’art, 77 della Costituzione, conferirono al Governo la possibilità di appropriarsi della potestà legislativa del Parlamento in determinati casi di necessità e urgenza. Eccezionalità che, nella prassi, è oggi però diventata strumento molto frequente di produzione normativa. Nel caso di specie, nella situazione attuale il decreto legge ha invece ritrovato il corretto utilizzo pensato dai suoi creatori!

Non fossero sufficienti i riferimenti creati dalla giurisprudenza dei giudici costituzionali, si può poi ricorrere alla gerarchia dei trattati internazionali che recano previsioni in merito. L’ordinamento giuridico nazionale si deve infatti conformare ai trattati internazionali (art. 117 della Costituzione), che quindi assumono una valenza costituzionale ed in particolare ve ne sono due che prevedono deroghe al rispetto dei diritti umani fondamentali.  La Convenzione Europea dei diritti dell’uomo (CEDU), all’art.15 prevede che in caso di guerra o altro pericolo pubblico ogni Parte Contraente può adottare misure in deroga ai principi previsti dalla Convenzione e il Patto dei Diritti Civili e Politici approvato dalle Nazioni Unite, all’art. 4, altrettanto prevede che in caso di pericolo pubblico eccezionale proclamato con atto ufficiale, gli Stati membri possano prendere misure in deroga agli obblighi imposti dal Patto.

L’azione del Governo pare pertanto puntellata sia dal diritto interno che da quello internazionale. Importante che l’espressione “legittimità costituzionale provvisoria” coniata dalla dottrina italiana trovi conferma  nella provvisorietà dei provvedimenti adottati, nella speranza che la straordinarietà della situazione e le misure insolite ad essa collegate possano cessare al più presto. 

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