
Tanto lavoro, servizi aggiuntivi non retribuiti, stravolgimento dei tradizionali servizi collegati: anche le 6 mila imprese funebri sparse sul territorio nazionale piangono il morto e con loro i 25 mila occupati del settore.
Tra le tante difficoltà del settore, una è inedita e riguarda l’allegato del DPCM del 22 marzo, pubblicato in Gazzetta con il n° 76.
Tale allegato prevede espressamente, tra le attività non sottoposte a restrizione, la fabbricazione di imballaggi in legno ( codice Ateco 16.24.20). Ma una bara non è fatta solo di legno. Al suo interno è presente la cassa metallica, con uno spessore di lamiera non inferiore a 0,660 mm se di zinco, a 1,5 mm se di piombo. Perche per il trasporto del feretro, al di fuori dei casi previsti dalla convenzione internazionale di Berlino, la salma deve essere racchiusa in duplice cassa, l’una di metallo e l’altra di tavole di legno massiccio. Ora la lavorazione del legno è prevista dall’allegato mentre gli altri 96 codici non prevedono nulla per i 388 potenziali produttori di zinco in Italia.
Forse l’elenco verrà prossimamente rivisitato, vista la conclusione drammatica della lunga riunione domenicale a Pazzo Chigi dove Confindustria ha motivato al Governo la necessità di ampliare l’elenco delle attività essenziali ( inizialmente racchiuse in 50 codici Ateco).
Entrare nel territorio delle norme che disciplinano il trattamento finale dei cadaveri umani è operazione assai complessa. Tali norme stabiliscono con precisione assoluta l’’impiego delle casse destinate alla sepoltura entro loculo o nicchia muraria, i trasporti da comune a comune oltre i 100 Km, i trasferimenti di cadaveri umani portatori di morbo infettivo diffusivo. Alcune regioni a seguito della devoluzione di compiti e funzioni dallo Stato agli enti territoriali ( Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri 26 maggio 2000) hanno autorizzato l’uso di materiali diversi ed alternativi rispetto a legno, zinco o piombo ma la competenza regionale in materia non è certa e lo Stato non l’ha ceduta , sulla base di un cavillo normativo in base al quale le necessarie autorizzazioni non sarebbero semplici provvedimenti autorizzativi , bensì atti a contenuto normativo.
La regione Lombardia, con una soluzione controcorrente rispetto alla posizione del Ministero della Salute, ha autonomamente legiferato, con norma speciale, sui criteri costruttivi con cui fabbricare casse mortuarie.
Ma anche tale iniziativa sconta i limiti di efficacia propri di un regolamento adottato da un ente territoriale il cui ambito di validità non è in vigore quando si oltrepassano i confini della regione stessa. E’ il caso della soluzione adottata a Bergamo, dove l’intervento dell’Esercito ha permesso il trasporto delle bare nei cimiteri o negli impianti funerari dell’Emilia. E comunque in nessun caso il ricorso alle tradizionali bare a doppia cassa può essere evitato per la sepoltura di infetti se la loro destinazione ultima sarà l’inumazione: in questo caso, per cadaveri portatori di morbo infettivo-diffusivo, è obbligatorio seguire letteralmente la procedura prevista dall’art. 25 del DPR 285/90 con il cadavere racchiuso entro duplice cofano, assolutamente solo ligneo e metallico, trasportabile solo a cassa saldata.
Difficile, dunque, prevedere una sepoltura senza la presenza dei due metalli più volte ricordati.
Nei giorni in cui la liturgia informativa contempla l’aggiornamento costante del numero dei morti da Covid-19, l’amnesia circa le attività produttive “indifferibili” che rendono possibile la sepoltura dei morti appare anch’essa straziante e dolorosa