ECONOMIA

L’aviazione commerciale sopravviverà al Coronavirus?

Nel mondo sono tantissime le compagnie aeree che stanno tagliando i voli, mettendo a terra aeroplani e chiedendo pesanti sacrifici ai dipendenti

L’impatto dell’epidemia di coronavirus sull’economia globale ed Italiana è ancora lungi dal poter essere quantizzato ed il Governo Italiano, giustamente, comincia a stanziare le risorse per far fronte alle immediate necessità. La percezione è però che questa sarà una crisi molto pesante, anche perché non si può al momento prevedere quando avrà termine.

Alcuni settori sono immediatamente colpiti dallo stop o dal rallentamento che questa epidemia sta causando. Tra questi, il trasporto aereo è uno di quei settori dove la crisi morde immediatamente i bilanci ed i lavoratori.

La IATA (International Air Transport Association) prevede una perdita  per le Compagnie aeree nel 2020 di 63 miliardi di dollari. Questo se il contagio verrà contenuto, altrimenti, se si avrà una pandemia mondiale, la perdita stimata sale a 113 miliardi di dollari. Sono cifre enormi che lasciano presagire scenari apocalittici.

Nel mondo sono innumerevoli le Compagnie che stanno tagliando i voli, mettendo a terra aeroplani e chiedendo pesanti sacrifici ai dipendenti. La Quantas ha annunciato tutta una serie di misure che vanno dal taglio del salario del suo CEO, Joyce, per tutto il rimanente 2020, all’azzeramento dei bonus per tutti manager ed un taglio del 30% dei loro salari. Inoltre viene richiesto a tutto il personale di prendere ferie non retribuite in misura pari alla riduzione dei voli. La Quantas al momento sta riducendo del 31% i voli verso l’Asia, del 19% verso gli USA ,del 17% verso UK.

La Korean Air si trova in acque ancor più precarie. Secondo quanto scrive ieri Henry Bewicke su Daily Aviation news, la Compagnia ha inviato un allarmante messaggio ai suoi dipendenti nel quale si annunciava l’impossibilità di garantire la sopravvivenza della Compagnia stessa se le attuali condizioni dovessero perdurare ancora a lungo. La Korean air, al momento, ha perso l’80% della sua normale capacità commerciale. Dei suoi 145 aeroplani, 100 sono stati messi a terra.

In Inghilterra, la seconda Compagnia dopo British Airways, Flybe, ha cessato le operazioni lasciando a casa oltre 2300 dipendenti e circa 80 aeroplani. Flybe era la spina dorsale del trasporto interno del UK. Lufthansa sta considerando di mettere a terra la sua intera flotta di super jumbo A380 e di tagliare metà dei suoi voli.

I dati sulle principali Compagnie Cinesi parlano di una riduzione del 34% dei voli con un taglio di circa 86000 voli interni solo nel periodo che va dal 23 Gennaio al 11 Febbraio. Il Governo Cinese ha però anticipato aiuti , come ad esempio l’esenzione dalle tasse statali. Cathay Pacific, la Compagnia di Hong Kong, sta perdendo oltre il 40% del suo traffico nel solo mese di Gennaio. La Compagnia ha chiesto ai suoi 27.000 dipendenti di prendere ferie non retribuite per aiutare la riduzione dei costi.

In Italia, dopo la chiusura di Air Italy, il commissario straordinario di Alitalia ha chiesto la cassa integrazione per 3.900 dipendenti a causa del coronavirus. Lo stesso ha fatto Blue Panorama, in data 5 Marzo per la totalità del suo personale, per un periodo previsto di sei mesi.

Come si vede il quadro è tragico e se consideriamo che dietro ciascun lavoratore, sia esso pilota, assistente di volo o personale di terra, vi è una famiglia, magari monoreddito, con tutte le spese ad essa correlate, ci si rende immediatamente conto della portata delle conseguenze che il coronavirus potrebbe portare al trasporto aereo.

In questi ultimi 30 anni, siamo stati abituati a pensare che il privato fosse meglio dello Stato, in qualunque settore. Le teorie neoliberiste di Milton Friedman e l’applicazione delle stesse da parte di Reagan e della Thatcher hanno portato in questi anni ad una sostanziale diminuzione dello Stato nella nostra vita quotidiana. Le privatizzazioni hanno, per così dire, dilagato un pò in tutti i settori: dalle banche alla sanità, dai trasporti all’industria strategica, quale ad esempio l’acciaio. Salvo poi scoprire che, in caso di crisi profonda, il mercato non è affatto in grado di regolarsi ed autobilanciarsi e che, se non si vuole che il sistema salti completamente, lo Stato deve intervenire per mitigare gli effetti nefasti della crisi. Nel 2008 fu così, la Fed si mosse immediatamente per stanziare grande quantità di denaro alle banche ed alle imprese. La Bce con Mario Draghi ci mise un pò di più ad intervenire e si dovette aspettare il 2012  per vincere la resistenza Tedesca e -dopo il famoso “whatever it takes” e dopo una modifica al suo statuto- la Bce inondò le Banche di liquidità salvando l’implosione dell’euro e della economia europea.

Questa volta la crisi non deriva direttamente dal mondo della finanza, ma è una crisi sanitaria, che però sta producendo gli stessi effetti. forse più gravi, perché -al contrario del 2008 – sta fermando quasi completamente le attività economiche dei paesi colpiti. Sarebbe auspicabile che i soccorsi economici, questa volta, non siano tardivi.

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