SALUTE

Don’t panic. Ok, panic?

Nell’iconico film “L’aereo più pazzo del mondo 2”, che gli ultraquarantenni ricorderanno come una delle cose più demenziali e divertenti mai passate sul grande schermo, c’è una scena che ben rappresenta la situazione italiana degli ultimi giorni. Durante un volo spaziale da turismo, una hostess prende il microfono ed inizia ad informare con calma e pacatezza i passeggeri su una serie di problemi che la navicella sta avendo. I passeggeri rimangono indifferenti, non reagendo ai vari piccoli disastri tecnici e ambientali annunciati. Ma quando la hostess annuncia che è finito il caffè, si scatena l’inferno, con i passeggeri che cominciano a lottare tra di loro e ad urlare scompostamente. Sebbene la hostess cerchi di rassicurarli, dicendo che comunque l’equipaggio ha la situazione sotto controllo e sta prendendo le misure del caso, la situazione peggiora. Un avviso di “Niente panico” comincia a lampeggiare, ma ben presto si arrende al bailamme in corso, e si trasforma in un esasperato “Ok, panico”. La scena si chiude con lo stesso avviso che si rivolta contro la hostess, che ancora tenta di pacificare gli animi, cominciando a darle sulla voce ad ogni nuovo appello alla calma.

L’Italia di oggi sta attraversando una dinamica molto simile. All’inizio dell’epidemia, poche voci ragionevoli hanno svolto il ruolo della hostess, cercando di spiegare razionalmente cosa succede ed assicurando sul fatto che chi è in carico della gestione medica del problema sta svolgendo con coscienza ed impegno tutti i passi necessari. In questo breve periodo, sono comparsi pochi dati, con commenti razionali, volti a non sottovalutare la situazione, ma inquadrandola nella sua giusta cornice. Dopo di che, sono comparsi alcuni personaggi di diversa natura ed estrazione – politici in cerca di effimera visibilità, commentatori improvvisati, commentatori meno improvvisati ma del pari in cerca di visibilità – ed hanno sentito la pancia del paese. Quest’ultima, scossa e condizionata ormai da decenni di consolidata sfiducia verso i competenti e ostinata irrazionalità, aspettava solo una miccia che la facesse esplodere, e così è stato.

Ne abbiamo viste di tutti i colori, in questi giorni, compresi governatori di Regione che, con perfetto stile tafazziano, hanno sparato a zero su una delle più interessanti ed interessate audiences al prodotto Italia, con tanto di incidente diplomatico. Ovvie, goffe e strascicate, sono arrivate le scuse, ma difficilmente un popolo che ha avuto la pazienza di costruire la Grande Muraglia dimenticherà quella uscita inqualificabile.

Nel frattempo, con l’aumentare del numero di casi e dei decessi – ma il contemporaneo decremento del tasso di mortalità, che solo nell’ultimo weekend è sceso dal 2,6% al 2,0% – è aumentato l’isterismo interno. Contemporaneamente, si sono sentiti immediati e profondi gli effetti della mancanza di fiducia verso il nostro Paese: miriadi di prenotazioni turistiche cancellate, città come Venezia vuote e spettrali, alberghi e ristoranti vuoti. Un’intera economia messa in discussione da poche, irresponsabili parole. 

A completare il disastro, gli altri Stati stendono un malinteso cordone sanitario intorno all’Italia. Congressi cancellati, viaggi aziendali verso il Bel Paese rimandati o dirottati verso i nostri competitors, flussi di denaro che, in un mondo interconnesso, prendono subito direzioni lontane dalle nostre piazze.

Al comunicatore di professione, all’epidemiologo, al pensatore razionale, viene quasi da reagire come la hostess: “Ok, panic”, visto che non mi ascoltate, vedetevela da soli. Vanno invece spese alcune parole che servano ad indicare una direzione diversa da quella attuale.

In primo luogo, la comunicazione è un’arte ed una scienza per competenti. Persone formate a trasferire informazioni all’esterno in un certo modo, con un certo ritmo, con un determinato peso, e soprattutto avendo ben presente la situazione e gli obiettivi di lungo termine del Paese. In un mondo come il nostro, in cui ogni parola rimbalza in un attimo per centinaia di migliaia di chilometri, non ci possono più essere dilettanti. Un politico che sia un bravo amministratore, non necessariamente è un bravo comunicatore. Molto meglio affidarsi a chi lo fa per mestiere.

In secondo luogo, l’informazione è un asset di sicurezza strategica esattamente come le riserve di petrolio o quelle auree, o le misure di polizia interna ed esterna. Il mondo moderno si regge sulle informazioni, che danno forma alla percezione del reale, e ne determinano fattivamente la natura. Le conseguenze di non considerare questo aspetto, e di non procedere ad una adeguata canalizzazione delle informazioni in tempo di crisi può avere conseguenze imprevedibili come quelle che stiamo vivendo in questi giorni.

L’Italia, patria di oratori, filosofi e logici, ha troppo a lungo trascurato questo aspetto, raccolta su meschine baruffe chiozzotte. È il momento di avviare una seria riflessione strategica su come proiettare la nostra immagine nel mondo.

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