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Essere “borioni” nell’era del coronavirus 

L’epidemia mondiale di coronavirus, al di là di essere la più seria emergenza sanitaria degli ultimi anni, è anche la dominatrice assoluta dei thread di discussione online da almeno una quindicina di giorni a questa parte. In un precedente articolo esaminavamo la velocità di diffusione e la pervasività del meme “coronavirus”, e come tutti, con competenza o meno, intervenissero nella discussione.

Chiunque di noi abbia contatto con Social Media o chat su Whatsapp avrà avuto certamente occasione di osservare l’ampia varietà di comportamenti che sono emersi in questo periodo. C’è l’impaurito, che ha visto qualunque film catastrofista da “Io sono leggenda” in giù, e sta tappato in casa dopo aver fatto le provviste per alcuni mesi. C’è l’informato, che pur avendo finito per obbligo le scuole omonime, ha letto tutti i blog possibili e pontifica con la sicumera di un epidemiologo della WHO. C’è il geopolitico complottista, mai uscito dal proprio paesello, ma che con stentorea sicurezza declama il come e perché l’epidemia in corso sia opera della SPECTRE per ridurre all’impotenza il gigante cinese. C’è l’antivaccinista, che…strano, in questi giorni gli antivaccinisti sono insolitamente silenti…

Al di sopra di questo livello da oche del Campidoglio, che strepitano senza sapere bene perché, c’è il livello politico-istituzionale. Gli ultimi anni ci hanno tristemente insegnato che – contrariamente al passato – il livello di istruzione è spesso comparabile a quello del popolo che li ha espressi. Quello che del pari non cambia è, fatte salve alcune notevoli eccezioni, la tendenza a capire poco di quello che succede, ma allo stesso tempo ad essere pronti ad usarlo contro l’avversario politico. D’altra parte, come un illuminato preside di liceo ha evidenziato ai suoi studenti negli ultimi giorni, è almeno dai tempi della peste manzoniana che le malattie vengono addebitate ad untori più o meno misteriosi.

Al di sopra di questo livello, poi, c’è il panorama medico-scientifico. Qui sicuramente albergano personaggi che almeno capiscono bene di che cosa si parla e lo sanno valutare. Secondo sana abitudine di tutti gli scienziati, la maggior parte degli esperti tace in attesa di capire come si evolverà la situazione. Leggono i dati, li valutano freddamente, se ne fanno un’opinione strutturata e valida fino a prova contraria. Pochi si esprimono, e di solito in maniera misurata ed acconcia al proprio ruolo di guide della popolazione in situazioni del genere.

Anche questa categoria di professionisti, tuttavia, è fatta da persone, e negli ultimi giorni si è osservato più di uno scivolone. Il peggiore è a parere di chi scrive quello di un notorio medico e comunicatore che, essendo in dissenso con le dichiarazioni di una collega almeno ugualmente qualificata, l’ha appellata “signora”, aggiungendo che ben altro sarebbe stato l’epiteto che avrebbe voluto usare.

Secondo l’opinione di chi scrive, questo genere di esternazioni dovrebbe essere evitato, a maggior ragione se si è personaggi con un alto grado di esposizione mediatica. La scienza è per sua natura un processo razionale, freddo, ponderato, che va espresso e comunicato al prossimo secondo una misura ed uno stile non comuni. Che un quisque de populo dia voce alle sue sgangherate convinzioni ed insulti l’avversario di bacheca, ci sta. Che un politicante faccia altrettanto, fa addirittura parte del suo mestiere, almeno per come è espresso oggi. Ma un medico, uno scienziato, deve mantenere sempre il proprio sangue freddo, e la propria correttezza personale e professionale ai massimi livelli. 

In tempi di crisi, da sempre le masse si sono rivolte a coloro che sono ritenuti capaci di guidarli in quel momento. È importante che si resista alle pulsioni personali e al desiderio di notorietà, che pur umanamente può appartenere all’animo dello studioso.

Dato che l’Accademia della Crusca ha di recente sdoganato “petaloso”, ci permettiamo anche noi di inventare un neologismo. Gli scienziati non devono a nostro parere diventare “borioni” – cioè boriosi al massimo grado – e mantenere in ogni circostanza un atteggiamento di leadership almeno commisurato al livello della propria conoscenza scientifica. Si rischia altrimenti di essere percepiti come il solito urlatore generico medio, preoccupato solo di alzare l’attenzione intorno all’uscita tempestiva del proprio ultimo libro.

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