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Guerre stellari (ma non il film…)

La difficoltà di raggiungere punti di accordo da parte dei due forti poteri politici americani non è certamente cosa nuova. Il paese ha però assistito al raggiungimento di nuove, inesplorate vette di divergenza politica, quando per la prima volta nella storia degli impeachments a stelle e strisce, se ne è registrato uno, quest’ultimo, totalmente monocolore.

Gli unici altri impeachments “on record”, quello del presidente Nixon (1974) e più tardi Clinton (1998), portavano infatti le firme di rappresentanti del comitato appartenenti a entrambi bandiere (Repubblicana e Democratica).

Con grande sorpresa degli “spettatori” – termine qui usato  non a caso, visto che la politica americana ha oramai preso sembianze simili a quelle di una partita di calcio, dove i tifosi delle squadre in gioco, persone altrimenti completamente normali e razionali, perdono al suono del fischietto ogni capacità di analisi obiettiva, con risultati spesso comici e talvolta anche violenti – nel bel mezzo dell’uragano politico a cui si è assistito alla fine del 2019/inizio del 2020, il benestare di entrambe le fazioni politiche è comparso come una margherita in pieno deserto, durante l’approvazione del budget che si impegna a sostenere l’impalcatura economica del nuovo branch delle forze armate statunitensi. 

La United States Space Force (USSF). Ovvero un corpo militare indipendente che assicuri la libertà (leggasi supremazia) degli Stati Uniti di operare nello spazio. L ‘idea di creare una tale organizzazione, il cui nome richiama alla memoria episodi dell’intramontabile serie televisiva “Star Wars” covava, non troppo seguita dai media, da molti anni.

Donald Rumsfeld, ex segretario alla difesa, nel 2001 si propose, supportato da un comitato formato da rappresentanti di punta del settore militare, intelligence e aerospaziale, di esaminare l’organizzazione della sicurezza nazionale dello spazio. Il resoconto finale della valutazione fu costellato da raccomandazioni che passarono in secondo piano a causa delle guerre in corso in quegli anni.

Gli esperti ritengono che il documento riapparve anni più tardi e diede vita all’idea della creazione dell’USSF. L’“Outer Space Treaty”, nick name per ”Accordo sui Principi che Governano l’Attività dei vari Paesi in Riferimento a Esplorazione e Uso dello Spazio Cosmico con Inclusione della Luna ed Altri Corpi Celesti”, firmato circa 53 anni fa inizialmente da Stati Uniti, Unione Sovietica e Gran Bretagna, incluse in seguito ben 104 nazioni.

Creato durante i primi vagiti dell’esplorazione spaziale e considerato la base di ogni futura legislazione in merito, si riproponeva di creare un’atmosfera di cooperazione internazionale ai fini di beneficiare non una singola nazione, ma l’intera razza umana.

Visto in quest’ottica, la bandiera americana piantata sulla luna nel 1969 -fatto che alcuni considerano mai avvenuto- assume un significato alquanto diverso al cospetto della competizione senza mezzi termini tra Russia e Stati Uniti ad essere la prima nazione a mettere piede sul polveroso pianeta.
Ma la corsa allo spazio continua senza mezzi termini e i grossi interessi economici e di carattere strategico legati alla sua conquista, appaiono sempre meno velati.

La NASA, dal canto suo, ha inaugurato l’anno nuovo suonando forte il corno del reclutamento, annunciando la necessità di nuovi astronauti, promettendo l’atterraggio del primo equipaggio misto (uomo-donna per essere precisi) sulla superficie lunare per il 2024 e incoraggiando gli applicanti in possesso dei rigorosi requisiti a presentare domanda di assunzione entro il 2 di Marzo di quest’anno.

E’ inoltre del 17 Febbraio la notizia che il Falcon 9, ultimo razzo del programma SpaceX di Elon Musk, ha mancato il bersaglio sulla piazzola della nave drone parcheggiata sull’oceano Atlantico in attesa, finendo in acqua con un “atterraggio soffice” a pochi metri dalla nave.
Sarebbe stato il 50emo lancio di successo per la compagnia che adesso deve aspettare il prossimo lancio del 2 di Marzo 2020, per festeggiare l’agognata pietra miliare.

Oggi, non solo si è esteso il cadre delle entità in gara, che include svariate nazioni ed entità private, ma gli obbiettivi si sono moltiplicati al ritmo del progresso delle tecnologie aerospaziali.

Anche il programma cinese di esplorazione su Marte sembrava in ottime condizioni di salute, quando a monte di un periodo di valutazione e studio sull’atterraggio, effettuato sul paesaggio roccioso della provincia di Hebei, Zhang Kejian, il funzionario a capo dell’Amministrazione Spaziale Nazionale Cinese dichiarò di pianificare un lancio di sonda sul pianeta rosso per Luglio/Agosto 2020.

L’esplosione della recente emergenza Coronavirus, potrebbe forse creare ritardi, dovuti al brusco cambio di priorità. Ma con i cinesi, è difficile dire.

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