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La US Navy ammette l’esistenza del fenomeno Ufo (ma ne cambia la sigla)

Facciamo un salto di poco pià di due anni indietro nel tempo. Arriviamo a dicembre del 2017. A quell’epoca il New York Times pubblicò un video risalente al 2004 riguardante un incontro ravvicinato in volo, al largo di San Diego in California, tra un F-18 della US Navy e strani oggetti volanti.

La notizia fece parecchio scalpore in quanto era ripresa dall’Advanced Targeting Forward Looking Infrared (ATFLIR), avveniristica soluzione montata a bordo del velivolo militare (un sistema integrato elettro-ottico che incorpora sistemi ottici termografici, telecamere ad alta sensibilità e trackers laser in grado di mettere a fuoco e seguire un bersaglio in movimento con estrema precisione). La sequenza includeva i commenti increduli del pilota, che più tardi confermava, durante un’intervista, di avere avuto durante un volo di addestramento contatto visuale con strani oggetti a forma di “Tic Tac”. Queste misteriose “pillole” non lasciavano nessuna visibile scia di combustione (indicazione del funzionamento di motore o sistema propulsivo) sull’infrarosso, intercalando quote di 80.000 e 30.000 piedi (rispettivamente 27 e 10 chilometri) e velocità in eccesso di 3.000 nodi (circa 5.500 KM all’ora). 

Gli “oggetti” furono osservati dal pilota per qualche minuto eseguire manovre “oltre i limiti fisici di un equipaggio umano”, come fare virate istantanee, accelerare in secondi a velocità ipersoniche o fermarsi immediatamente.

Di lì a poco, la “To the Stars Academy of Arts and Sciences”, un “think tank di ricerca sugli UFO, creato e finanziato da Tom DeLonge, cantante del famoso gruppo “Blink-182”, pubblicava il video in questione. A quello univa altre due clips, riprese a bordo di aerei dell’US Navy che usavano lo stesso sistema di sensori e immortalavano simili oggetti volanti durante evoluzioni ad altissime velocità.

Questi tre video (facilmente reperibili su YouTube a mezzo dei nomignoli assegnati –“ FLIR1,” “Gimbal” e “Go Fast”) avevano come origine di provenienza nientemeno che la US Navy, come riportato dal DeLonge insieme a ufficiali dell’intelligence americano d’alto rango come Christopher Mellon, che ha servito per 30 anni lavorando per il governo federale americano, ed è stato Vice Segretario Assistente alla Difesa per l’Intelligence dal 1997 al 2002. 

La notizia fu confermata da“The Black Vault” (Lo Scrigno Nero), un sito che si occupa della pubblicazione di documenti de-classificati dalle rispettive agenzie statunitensi, grazie al FOIA o Freedom Of Information Act (la normativa federale americana che garantisce il pubblico accesso a informazioni in possesso delle varie agenzie del governo, a meno che, tra le altre limitazioni, la divulgazione non costituisca un rischio per la sicurezza nazionale). Provenienza e autenticità delle clips fu confermata dalla US Navy nel giro di qualche giorno.

La domanda posta da migliaia di utenti di YouTube e condivisa dalla marina americana fu “Cosa sono questi oggetti?”
Un articolo di Kayla Epstein del 18 Settembre 2019 sul Washington Post riporta dichiarazioni ufficiali della US Navy a voce di Joseph Gradisher, portavoce per il Deputy Chief of Naval Operations for Information Warfare, che durante una conversazione con rappresentanti di “The Black Vault”, definisce questi misteriosi oggetti “Unidentified Aerial Phenomena (UAP)” (Fenomeno Aereo Non Identificato).

Sapiente mossa in odore di marketing ad-hoc, tendente a prendere le distanze dal quasi obsoleto UFO, con la differenza che salta subito all’occhio, di sostituire il termine “oggetto” con “fenomeno”.  Un UFO versione “light” insomma.

Per essere più che chiari, la US Navy plausibilmente non definisce gli oggetti volanti ripresi in volo prova dell’esistenza di forme di vita aliene, ma si limita a chiarificare che al momento non si è capaci di identificare cosa siano, ammettendo che il fatto che si trovino a scorrazzare in spazi aerei controllati – senza un piano di volo inoltrato agli enti prefissi al controllo aereo – fa sì che costituiscano un fattore di rischio per la sicurezza degli aeromobili civili e militari.

Tutto sommato, un passo avanti da gigante per un’organizzazione che fino a qualche anno fa ne negava tassativamente l’ipotesi. Passo forse forzato dagli eventi (forse?), dove la causa di forza maggiore appare essere il desiderio di proteggere i suoi piloti e implicazioni riguardo alla responsabilità legale nel caso di collisione in volo di uno dei suoi velivoli, o qualsiasi velivolo con numeri di coda americani, contro il fenomenale oggetto che non esiste.

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